SIRIA, LA PACE LONTANA E I FREDDI CALCOLI POLITICI Navi russe nel Mediterraneo mentre Mosca rifornisce Assad di potenti missili anti-nave. Intanto, nei colloqui preparatori del summit per la pace, si parla di tutto e di niente. La Siria si disintegra ma per le potenze straniere “è solo politica”...


Quello dei colloqui bilaterali sulla Siria sembra solo un altro giro di valzer per le cancellerie delle Grandi Potenze. Alla corte di Vladimir Putin è arrivato ieri il segretario sudcoreano delle Nazioni Unite, Ban Ki moon, che ha tiepidamente condannato la Russia per l’aver inviato nuovi potenti missili cruise in Siria, a riprova del valore che Mosca dà all’asse con il regime di Assad.

A casa di Barack Obama era invece giunto in contemporanea Recep Tayyip Erdogan, il potente primo ministro della Turchia, per discutere della situazione siriana ma, come prevedibile, ciò che è stato deciso è semplicemente nulla, eccezion fatta per un riferimento alle armi chimiche. Solo un’ennesima condanna, dunque, che conferma la vicinanza di Washington ad Ankara ma che rivela anche l’indecisione massima degli USA sul caso.

Per tutti, c’è la consegna del silenzio, in attesa che si concretizzi il summit di giugno per colloqui di pace alla presenza di rappresentanti del regime (e dello stesso Assad?) e dell’opposizione siriana, insieme con i big della terra. Se ci saranno davvero i colloqui è presto per dirlo ma si lavora in quella direzione. Che invece siano risolutivi, è del tutto improbabile ad oggi, per la semplice ragione che – è quasi una legge di natura – un regime non cede, resiste. Dunque, la prospettiva di stallo perdura.

Battaglia navale

Nel frattempo, il Mediterraneo si sta riempiendo di navi  russe: dopo due mesi di navigazione, la portaerei antisommergibile Ammiraglio Panteleev, la Peresvet, la Ammiraglio Nevelskoi, la nave-cisterna Pechenga e il rimorchiatore per operazioni si salvataggio Fotiy Krylov (salpate mesi fa da Vladivostok) hanno attraversato il canale di Suez  dopo decenni, e adesso galleggiano nelle acque del Mediterraneo. Ovviamente, tutti pensano a una strategia in funzione siriana, anche se Mosca non conferma e lascia trapelare solo il porto di destinazione: Limassol, a Cipro.

Ma le navi sono il tema del momento, visto che i missili forniti da Mosca a Damasco costituirebbero un vero e proprio sistema missilistico antinave (Yakhont) volto a impedire, ad esempio, un embargo navale per la Siria. I missili sono infatti “killer di navi” di 22 metri di lunghezza, con testate ad alto esplosivo o perforante, e una gittata di circa 300 kilometri. E questo pericolo concreto, rivolto principalmente all’Occidente, costituisce di per sé un’escalation nell’ottica di un conflitto. Certo, al momento è solo un deterrente in mano ad Assad, ma domani?  
Il clima negli USA

Qualche giorno fa la CNN titolava un servizio “Ci dispiace, Siria. Negli Stati Uniti l’intervento umanitario è una questione politica, come al solito”, polemizzando sul perché la Casa Bianca negli ultimi 20 anni, abbia scelto di intervenire in Bosnia, Kosovo, Somalia, Haiti, e in Libia mentre non si decide a combattere per risolvere la guerra civile siriana. Washington, secondo la CNN, si impegna selettivamente nelle missioni di intervento umanitario guardando a due fattori: l’opinione pubblica e la faziosità del Congresso.

L’intervento umanitario sarebbe più probabile quando il presidente degli Stati Uniti gode di una maggioranza al Congresso. Questo aiuterebbe a spiegare la decisione del presidente Obama di intervenire in Libia con laNATO senza l’autorizzazione del Congresso: in quel caso, il presidente era al corrente che il voto dei repubblicani – che controllano il Congresso attraverso la Camera – sarebbe stato negativo.

Insomma, pare proprio che l’intervento in Siria per tutti gli attori della partita sia solo un fatto di calcoli interessati e dunque una questione che può essere affrontata con tutta la calma e il tempo necessario, pazienza per le quasi 80mila vittime che la guerra miete. Conta solo la politica. Come al solito.
(Panorama.it)

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