USA: "Assad ha usato armi chimiche"...

Washington: "Diversi gradi di certezza" dell'utilizzo di gas nervino. Gli Stati Uniti preparano il terreno per un intervento esterno?

di Emma Mancini

Roma, 26 aprile 2013, Nena News - "Diversi gradi di certezza" che il regime siriano di Bashar al-Assad abbia usato armi chimiche contro il suo popolo. Questa la dichiarazione uscita di ieri dalla Casa Bianca: un primo passo verso un intervento esterno? Ancora presto per dirlo: l'intelligence americana ha sottolineato che non si tratta di prove certe. Eppure gli Stati Uniti non sono i soli a premere sull'acceleratore. Anche Francia e Gran Bretagna (senza dimenticare Israele) hanno mosso le stesse accuse.

In particolare, Assad è accusato di aver utilizzato su "piccola scala" un gas nervino, il sarin. Secondo agenti della CIA rimasti anonimi ci sarebbero prove dell'utilizzo di armi chimiche in almeno due occasioni: il 19 marzo ad Aleppo e alcuni quartieri di Damasco.Dal canto loro, i "ribelli" hanno inviato una lettera in cui riportano che le armi chimiche sono state usate in almeno dieci località siriane, in quattro province del Paese. 

L'annuncio è stato dato ieri dal segretario alla Difesa, Chuck Hagel in visita ad Abu Dhabi. "L'utilizzo del gas nervino viola tutte le convenzioni internazionali. Una questione seria", l'ha definita il capo del Pentagono, seguito a ruota da Londra ("informazioni limitate ma convincenti proveniente da fonti diverse"), da Parigi e da Tel Aviv: martedì il brigadiere generale israeliano Itai Brun aveva mostrato le foto di persone potenzialmente colpite da armi chimiche.

Insomma, prove certe non ce ne sono, ma si tratta comunque di un'inversione di rotta rispetto ai mesi scorsi, quando Washington aveva più volte ribadito che Assad non aveva ancora superato la cosiddetta "linea rossa" indicata dal presidente Barack Obama come il limite oltre il quale sarebbe stato difficile evitare un intervento esterno. A dicembre Obama aveva avvertito Bashar: pagherà le conseguenze se userà simili armamenti. E ad agosto aveva tracciato i confini della "linea rossa": "Ci saranno conseguenze enormi se inizieremo a vedere movimenti sul fronte delle armi chimiche o sull'uso di armi chimiche. Questo cambierebbe i miei calcoli in maniera significativa".

Per ora la Casa Bianca non fornisce dettagli delle prossime mosse in programma. Secondo fonti dell'esercito americano, le possibilità sono diverse: la creazione di una no-fly zone contro l'aviazione governativa siriana, o il bombardamento di aree del Paese o l'invio di decine di migliaia di truppe di terra. Tutto però sotto l'ombrello NATO, o all'interno di una coalizione simile a quella che intervenne in Libia nel 2011.

E mentre i repubblicani al Congresso premono per una risposta forte e i "ribelli" chiedono la creazione di una no-fly zone, Obama vuole certezze, forse per evitare un nuovo Iraq e aprire un nuovo fronte di guerra in Medio Oriente a un anno e mezzo dal ritiro dall'Afghanistan.In realtà di interventi esterni se ne sono già visti, e consistenti: da mesi Stati Uniti e Paesi europei riforniscono di denaro e aiuti umanitari e militari i gruppi armati di opposizione al presidente Assad, nella speranza che il regime cada dall'interno. Da ultimo, l'annuncio dell'invio di 250 milioni di dollari in cibo, medicine e attrezzature militari non letali.

I "ribelli", da parte loro, chiamano in causa le Nazioni Unite, chiedendo azioni immediate contro Damasco, pronto ad impiegare armi chimiche su vasta scala. Il segretario generale Ban Ki-moon ha detto di aver predisposto un team di esperti chiamato a indagare sul possibile uso di armi chimiche in Siria. Il team non avrebbe però iniziato a lavorare perché Damasco impedisce loro di entrare nel Paese....
(Nena News)

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