R. D. Congo, Onu denuncia stupri di bambini...
Nella provincia di Ituri sarebbero 11 i casi documentati di neonati tra i sei e i 12 mesi stuprati da guerriglieri, 59 quelli di bambini tra uno e tre anni e 182 tra i 5 e i 15 anni...
di Rita Plantera
Cape Town, 20 aprile 2013, Nena News - "Quale può essere il modo più efficace per distruggere una comunità se non quello di usare come target e devastare i suoi figli?" Sono parole della Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell´Onu sulla violenza sessuale nelle zone di conflitto, Zainab Hawa Bangura. Agghiaccianti le atrocità denunciate mercoledì scorso al Consiglio di Sicurezza dell'Onu dall'ex ministro della salute del Sierra Leone di ritorno dalla missione che nei suoi primi sette mesi come inviato delle Nazioni Unite l'ha portata nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia e in Kenya. Secondo quanto da lei riportato, nella provincia di Ituri, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, al confine con l'Uganda, sarebbero 11 i casi documentati di neonati tra i sei e i dodici mesi stuprati da guerriglieri del Mai Mai Morgan, 59 quelli di bambini di età compresa tra uno e tre anni e 182 i casi di bambini tra i 5 e i 15 anni di età che hanno subito violenza sessuale nel 2012.
Tra le altre testimonianze raccolte dalla Bangura quelle di una donna in Somalia che è stata pagata 150 dollari per lo stupro della figlia di 4 anni, di un'altra in un campo profughi del Kenya violentata sotto la minaccia delle armi quando, incinta di otto mesi, era uscita a raccogliere la legna e di un uomo somalo che sta lottando per avere giustizia per le due sue figlie di 4 e 6 anni, entrambe stuprate.
Ma non è solo l´ONU a lanciare l'allarme. In uno studio uscito la scorsa settimana sulla violenza nelle zone di conflitto, Save the Children documenta casi di bambini uccisi dopo essere stati violentati e di altri che sono stati rapiti e hanno subito abusi da parte delle forze armate e di gruppi armati non governativi. Tra questi anche quelli di bambini di appena due anni, vittime di insegnanti, capi religiosi e peacekeepers. Il rapporto documenta inoltre un'altra storia straziante che arriva dal Congo, quella di Pamela, aggredita e violentata da un gruppo di uomini nei pressi di un campo profughi dove si era rifugiata dopo che il suo villaggio era stato attaccato. Rifiutata dalla sua comunità, Pamela è stata costretta a diventare la moglie del suo aggressore che poi l'ha lasciata al settimo mese di gravidanza: "Mi hanno afferrato. Uno mi ha preso per le gambe e l'altro per le mani. Ho provato a respingerli... Dopo lo stupro volevo tornare a casa. Ma la gente ha raccontato quello che era successo a mia madre e lei mi ha detto che dovevo rimanere lì. Io non volevo un marito perché ero ancora una bambina".
A dicembre dello scorso anno il portavoce dell'Onu, Martin Nesirky, aveva segnalato 126 casi di stupro e l'uccisione di due civili avvenuti tra il 20 e il 30 novembre a Minova, North Kivu. Dopo che precedenti richieste da parte dell'Onu di avviare azioni legali contro i presunti stupratori erano state ignorate dalle autorità locali, l'inviato speciale delle Nazioni Unite in Congo, Roger Meece, in una lettera del 25 marzo scorso, aveva dato un ultimatum di sette giorni per agire, minacciando in caso contrario, la sospensione del sostegno militare a due battaglioni dell'esercito congolese. Circa 10 giorni dopo, 12 ufficiali dell'esercito governativo congolese sono stati sospesi e avviati gli interrogatori dei presunti responsabili dello stupro di massa.
Ma martedì scorso, Bangura, riportando quanto l'ambasciatore degli Stati Uniti a Kinshasa le aveva riferito, ha rivelato che uno dei battaglioni coinvolti negli stupri di Minova era stato addestrato dagli americani. In tutta risposta, come da prassi in questi casi, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato di condannare i crimini di Minova a prescindere da quale battaglione siano stati commessi e affermato che le operazioni di addestramento e supporto militare nella Repubblica Democratica del Congo comprendono il rispetto dei diritti umani e la prevenzione della violenza di genere.... (Nena News)
di Rita Plantera
Cape Town, 20 aprile 2013, Nena News - "Quale può essere il modo più efficace per distruggere una comunità se non quello di usare come target e devastare i suoi figli?" Sono parole della Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell´Onu sulla violenza sessuale nelle zone di conflitto, Zainab Hawa Bangura. Agghiaccianti le atrocità denunciate mercoledì scorso al Consiglio di Sicurezza dell'Onu dall'ex ministro della salute del Sierra Leone di ritorno dalla missione che nei suoi primi sette mesi come inviato delle Nazioni Unite l'ha portata nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia e in Kenya. Secondo quanto da lei riportato, nella provincia di Ituri, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, al confine con l'Uganda, sarebbero 11 i casi documentati di neonati tra i sei e i dodici mesi stuprati da guerriglieri del Mai Mai Morgan, 59 quelli di bambini di età compresa tra uno e tre anni e 182 i casi di bambini tra i 5 e i 15 anni di età che hanno subito violenza sessuale nel 2012.
Tra le altre testimonianze raccolte dalla Bangura quelle di una donna in Somalia che è stata pagata 150 dollari per lo stupro della figlia di 4 anni, di un'altra in un campo profughi del Kenya violentata sotto la minaccia delle armi quando, incinta di otto mesi, era uscita a raccogliere la legna e di un uomo somalo che sta lottando per avere giustizia per le due sue figlie di 4 e 6 anni, entrambe stuprate.
Ma non è solo l´ONU a lanciare l'allarme. In uno studio uscito la scorsa settimana sulla violenza nelle zone di conflitto, Save the Children documenta casi di bambini uccisi dopo essere stati violentati e di altri che sono stati rapiti e hanno subito abusi da parte delle forze armate e di gruppi armati non governativi. Tra questi anche quelli di bambini di appena due anni, vittime di insegnanti, capi religiosi e peacekeepers. Il rapporto documenta inoltre un'altra storia straziante che arriva dal Congo, quella di Pamela, aggredita e violentata da un gruppo di uomini nei pressi di un campo profughi dove si era rifugiata dopo che il suo villaggio era stato attaccato. Rifiutata dalla sua comunità, Pamela è stata costretta a diventare la moglie del suo aggressore che poi l'ha lasciata al settimo mese di gravidanza: "Mi hanno afferrato. Uno mi ha preso per le gambe e l'altro per le mani. Ho provato a respingerli... Dopo lo stupro volevo tornare a casa. Ma la gente ha raccontato quello che era successo a mia madre e lei mi ha detto che dovevo rimanere lì. Io non volevo un marito perché ero ancora una bambina".
A dicembre dello scorso anno il portavoce dell'Onu, Martin Nesirky, aveva segnalato 126 casi di stupro e l'uccisione di due civili avvenuti tra il 20 e il 30 novembre a Minova, North Kivu. Dopo che precedenti richieste da parte dell'Onu di avviare azioni legali contro i presunti stupratori erano state ignorate dalle autorità locali, l'inviato speciale delle Nazioni Unite in Congo, Roger Meece, in una lettera del 25 marzo scorso, aveva dato un ultimatum di sette giorni per agire, minacciando in caso contrario, la sospensione del sostegno militare a due battaglioni dell'esercito congolese. Circa 10 giorni dopo, 12 ufficiali dell'esercito governativo congolese sono stati sospesi e avviati gli interrogatori dei presunti responsabili dello stupro di massa.
Ma martedì scorso, Bangura, riportando quanto l'ambasciatore degli Stati Uniti a Kinshasa le aveva riferito, ha rivelato che uno dei battaglioni coinvolti negli stupri di Minova era stato addestrato dagli americani. In tutta risposta, come da prassi in questi casi, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato di condannare i crimini di Minova a prescindere da quale battaglione siano stati commessi e affermato che le operazioni di addestramento e supporto militare nella Repubblica Democratica del Congo comprendono il rispetto dei diritti umani e la prevenzione della violenza di genere.... (Nena News)
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