Putin schiera la flotta navale davanti alla Siria...
E' chiaro non si tratta di una solita esercitazione. Non si dovrebbe trattare neppure della preparazione di una possibile evacuazione di 30 mila russi con le loro famiglie dalla Siria dal momento che i russi ribadiscono che per il momento non c’é alcuna intenzione nè bisogno di evacuare questa massa di civili.
Si tratta, piuttosto, certo di un avvertimento all’America, all’Europa e alla Turchia di non intervenire militarmente in Siria.
Ancora più chiara é l’intenzione di Mosca di dimostrare ai paesi della regione che la Russia é tornata ad essere una grande potenza in questo settore.
Meno chiare sono le vere intenzioni. Una potrebbe essere la messa a punto di una operazione di controllo sui depositi di armamenti chimici siriani che i russi temono possano cadere nelle mani di elementi islamici radicali dando all’America, ma anche a Israele, la giustificazione per un intervento in Siria. Le truppe speciali inglesi, francesi e probabilmente israeliani agiscono già sul suolo siriano.
Non si deve dimenticare il ruolo storico dell’URSS nei paesi arabi: Egitto, Siria, Libia di Gheddafi, Cipro comunista. Questo ruolo é stato minimizzato dagli avvenimenti, dalle rivolte arabe, dalle ambizioni nucleari dell’Iran. Ricordare a tutti i paesi del Mediterraneo meridionale e orientale che la Russia esiste e che non si può fare nulla in questo teatro (incluso nel caso delle minacce turche contro Cipro per le ricerche petrolifere sottomarine in collaborazione con Israele) può essere uno degli scopi di questo spiegamento di forzaenavali.
In questo contesto é possibile interpretare l’azione russa come una posta che Mosca pone sul tavolo dei negoziati per l’eventuale spartizione di zone di reciproca influenza nella Siria del dopo Assad. Si parla infatti sempre di più a Ankara, a Gerusalemme, a Beirut e a Bagdad di una regione Alawita siriana su cui Russia e Iran manterrebbero una presenza riconosciuta dall’Europa e dall’America.
Tutto questo é ancora da considerarsi oggetto di speculazione mentre in Siria i massacri continuano. Ma non si può evitare di pensare –con tutte le differenze che il passaggio del tempo ha creato – di un ritorno nel Mediterraneo orientale di quel conflitto di interessi, di religioni, di ideologie che per quasi due secoli hanno agitato il Levante in quella che storici e diplomatici hanno chiamato (guerra di Crimea inclusa) la “Questione Orientale “. La si credeva spenta con la morte del “grande malato” d’Europa, l’Impero ottomano, ma “ i malati” siriano e egiziano potrebbero esserne gli involontari eredi.
( Il Giornale )
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