13 ottobre...Siria, unità occidentali pronte ad intervento
Roma, 12 ottobre 2012, Nena News - Ankara nega che forze speciali americane e francesi siano presenti nella base aerea di Incirlik, nel sud della Turchia, come riportato dalla stampa anglosassone. Può darsi, ma unità scelte, anche britanniche - centinaia di soldati, con compiti di consiglieri e di sorveglianza lungo le frontiere - si trovano con certezza a Russefieh, nel deserto della Giordania, per tenere sotto controllo da vicino la situazione in Siria e, quindi, pronte ad intervenire. A dirlo sono stati alcuni diplomatici occidentali confermando le notizie circolate ieri. Mercoledì il segretario alla difesa americano Leon Panetta aveva riferito della presenza di un contingente Usa ad Amman, con lo scopo di «cooperare con le autorità giordane» nel far fronte all'emergenza profughi e di «monitorare le installazioni per lo stoccaggio di armi chimiche in Siria». Truppe pronte ad entrare in Siria nel caso il loro controllo sfugisse al regime di Damasco.
Secondo il New York Times in Giordania si trovavano 150 soldati statunitensi. Amman da parte sua ha confermato che una parte dei soldati stranieri, che avevano partecipato ad esercitazioni militari nel Paese, sono rimasti in Giordania.
Re Abdallah, che in apparenza ha mantenuto sino ad oggi un atteggiamento di basso profilo sulla guerra civile siriana, secondo l'agenzia stampa AP starebbe cercando l'appoggio occidentale anche per creare un sistema di difesa antimissile a protezione della capitale Amman.
La Giordania, che ha stretti legami politici e di sicurezza con l'Occidente e Israele, riceve circa mezzo miliardo di dollari in aiuti militari dagli Usa ogni anno e i suoi servizi d'intelligence hanno stretti rapporti di cooperazione con la Cia.
Neo-ottomanesimo? «La Turchia è uno degli Stati più importanti per il futuro della regione e negli affari internazionali, una stella nascente per turchi e musulmani, un paese chiave...Ma gli Stati Uniti, la Russia e la Cina vogliono la Turchia in un ruolo di primo piano?», domandava ieri Huseyin Gulerce, commentatore del quotidiano turco Today's Zaman, molto vicino al partito islamista del premier Erdogan. Senza alcun dubbio, strategie occidentali, russe e cinesi a parte, Erdogan sta facendo del suo meglio per trasformare il suo paese in una potenza regionale. Usando prima di ogni altra cosa la crisi siriana. E il blocco in volo, l'altra sera, dell'aereo di linea siriano - che da Mosca andava a Damasco -, costretto dagli F-16 turchi ad atterrare ad Ankara, perché sospettato di trasportare armi per Damasco, ha rischiato per molte ore di trasformare la tensione in un conflitto.
I due paesi sono già ai ferri corti dopo il colpo di mortaio siriano caduto per errore in territorio turco (dove ha fatto cinque morti civili) e una settimana di cannoneggiamenti lungo la frontiera. Ieri ha protestato con forza il governo siriano mentre Mosca, alleata del presidente, ha fatto la voce grossa con le autorità turche. Il presidente russo Vladimir Putin ha addirittura rinviato il suo viaggio ad Ankara per una riunione del consiglio di cooperazione turco-russo, programmato per lunedì prossimo, al 3 dicembre. Poi ha confermato l'impegno ma la tensione diplomatica tra Russia e Turchia rimane alta.
Erdogan non fa passi indietro in una vicenda tutta da chiarire. Sull'aereo siriano c'erano «munizioni di fabbricazione russa destinate alle forze armate di Damasco», ha incalzato ieri il premier turco rivendicando la decisione di intercettare il velivolo e di costringerlo ad atterrare ad Ankara. Nella stiva dell'A320 della Syrian airways , ha aggiunto il premier turco, c'erano «attrezzature e munizioni» prodotti da un fabbricante russo e in apparenza dirette al ministero della difesa siriano. Damasco da parte sua ha smentito tutto, sostenendo che l'aereo non trasportava «alcun tipo di armi o materiale illegale». Fatto sta che l'aereo è stato poi fatto ripartire, destinazione Damasco.
Di certo al momento ci sono solo le denunce di maltrattamento fatte dal personale di bordo e da alcuni passeggeri dell'aereo. I turchi hanno «aggredito i membri dell'equipaggio» ha denunciato la direttrice della compagnia, Ghaida Abdullatif. La ragione dell'aggressione, ha aggiunto, è che l'equipaggio si è rifiutato di firmare un documento in cui dichiaravano che avevano chiesto essi stessi di effettuare un atterraggio di emergenza. La passeggera Fatima al-Saman ha raccontato che agenti turchi hanno ordinato al capitano di firmare la «falsa dichiarazione». «Avrebbero preso il capitano in ostaggio se non obbedivamo. Ci hanno minacciato», ha riferito. La hostess Shirin Azis ha detto alla tv russa Rt che «quattro persone nell' aereo sono state percosse e costrette a firmare delle carte, due passeggeri e due membri dell'equipaggio...Eravamo preoccupati per la situazione del capitano. Lo hanno portato via e lo hanno minacciato, dicendo che lo avrebbero arrestato se non firmava». Nena News
Secondo il New York Times in Giordania si trovavano 150 soldati statunitensi. Amman da parte sua ha confermato che una parte dei soldati stranieri, che avevano partecipato ad esercitazioni militari nel Paese, sono rimasti in Giordania.
Re Abdallah, che in apparenza ha mantenuto sino ad oggi un atteggiamento di basso profilo sulla guerra civile siriana, secondo l'agenzia stampa AP starebbe cercando l'appoggio occidentale anche per creare un sistema di difesa antimissile a protezione della capitale Amman.
La Giordania, che ha stretti legami politici e di sicurezza con l'Occidente e Israele, riceve circa mezzo miliardo di dollari in aiuti militari dagli Usa ogni anno e i suoi servizi d'intelligence hanno stretti rapporti di cooperazione con la Cia.
Neo-ottomanesimo? «La Turchia è uno degli Stati più importanti per il futuro della regione e negli affari internazionali, una stella nascente per turchi e musulmani, un paese chiave...Ma gli Stati Uniti, la Russia e la Cina vogliono la Turchia in un ruolo di primo piano?», domandava ieri Huseyin Gulerce, commentatore del quotidiano turco Today's Zaman, molto vicino al partito islamista del premier Erdogan. Senza alcun dubbio, strategie occidentali, russe e cinesi a parte, Erdogan sta facendo del suo meglio per trasformare il suo paese in una potenza regionale. Usando prima di ogni altra cosa la crisi siriana. E il blocco in volo, l'altra sera, dell'aereo di linea siriano - che da Mosca andava a Damasco -, costretto dagli F-16 turchi ad atterrare ad Ankara, perché sospettato di trasportare armi per Damasco, ha rischiato per molte ore di trasformare la tensione in un conflitto.
I due paesi sono già ai ferri corti dopo il colpo di mortaio siriano caduto per errore in territorio turco (dove ha fatto cinque morti civili) e una settimana di cannoneggiamenti lungo la frontiera. Ieri ha protestato con forza il governo siriano mentre Mosca, alleata del presidente, ha fatto la voce grossa con le autorità turche. Il presidente russo Vladimir Putin ha addirittura rinviato il suo viaggio ad Ankara per una riunione del consiglio di cooperazione turco-russo, programmato per lunedì prossimo, al 3 dicembre. Poi ha confermato l'impegno ma la tensione diplomatica tra Russia e Turchia rimane alta.
Erdogan non fa passi indietro in una vicenda tutta da chiarire. Sull'aereo siriano c'erano «munizioni di fabbricazione russa destinate alle forze armate di Damasco», ha incalzato ieri il premier turco rivendicando la decisione di intercettare il velivolo e di costringerlo ad atterrare ad Ankara. Nella stiva dell'A320 della Syrian airways , ha aggiunto il premier turco, c'erano «attrezzature e munizioni» prodotti da un fabbricante russo e in apparenza dirette al ministero della difesa siriano. Damasco da parte sua ha smentito tutto, sostenendo che l'aereo non trasportava «alcun tipo di armi o materiale illegale». Fatto sta che l'aereo è stato poi fatto ripartire, destinazione Damasco.
Di certo al momento ci sono solo le denunce di maltrattamento fatte dal personale di bordo e da alcuni passeggeri dell'aereo. I turchi hanno «aggredito i membri dell'equipaggio» ha denunciato la direttrice della compagnia, Ghaida Abdullatif. La ragione dell'aggressione, ha aggiunto, è che l'equipaggio si è rifiutato di firmare un documento in cui dichiaravano che avevano chiesto essi stessi di effettuare un atterraggio di emergenza. La passeggera Fatima al-Saman ha raccontato che agenti turchi hanno ordinato al capitano di firmare la «falsa dichiarazione». «Avrebbero preso il capitano in ostaggio se non obbedivamo. Ci hanno minacciato», ha riferito. La hostess Shirin Azis ha detto alla tv russa Rt che «quattro persone nell' aereo sono state percosse e costrette a firmare delle carte, due passeggeri e due membri dell'equipaggio...Eravamo preoccupati per la situazione del capitano. Lo hanno portato via e lo hanno minacciato, dicendo che lo avrebbero arrestato se non firmava». Nena News
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