Allarme Unicef: in Indonesia ci sono 5 milioni di bambini a rischio, ruotano attorno all’industria dell’olio di palma...




Bambini a rischio perché non sempre hanno diretto accesso alle strutture sanitarie e scolastiche




Se da una parte l'industria dell'olio di palma si collega a rischi ambientali e sociali, dall'altra non si può dimenticare che sia anche un importante generatore di crescita economica, e che negli ultimi anni abbia contribuito alla riduzione della povertà in Indonesia. Inizia così il rapporto Unicef "Palm Oil and children in Indonesia" un documento che esplora l'impatto del settore produttivo sul rispetto dei diritti dell'infanzia.
La ricerca intanto mette in evidenza un numero: sarebbero 5 milioni i bambini che ruotano attorno all'industria dell'olio di palma, sia per condizione famigliare – vivono in famiglie che lavorano nel settore - che per situazione lavorativa diretta, come lavoratori stessi. Bambini a rischio perché non sempre hanno diretto accesso alle strutture sanitarie e scolastiche. Il problema è fin dall'origine. Solo il 58 per cento dei bambini che vivono nelle aree rurali è regolarmente registrato, è cioè in possesso di un certificato di nascita. Bambini che, senza documenti, non possono accedere ai servizi base, come la sanità o l'educazione, e che sono ad alto rischio di lavoro minorile e di altre forme di abuso.

Secondo Ilo – International Labour Organization – e Unicef, più del 5per cento dei bambini, tra i 5 e i 17 anni, lavora. Di questi il 60 per cento lavora nel settore agricolo. I bambini non vengono assunti direttamente ma aiutano le famiglie ad aumentare la quota del raccolto. I lavoratori nelle piantagioni vengono pagati in base al peso dei frutti che raccolgono.
In Indonesia per l'olio di palma lavorano circa 4 milioni di persone, circa la metà sono donne. E anche le loro condizioni di vita non sempre sono ideali. Secondo Unicef, le leggi a tutela della maternità sono inadeguate. Le lavoratrici hanno diritto a tre mesi di maternità pagata, così molto spesso lavorano fino all'ultimo giorno di gravidanza, con tutti i rischi connessi. Il 37 per cento delle donne incinta soffre di anemia e sebbene l' 81 per cento delle donne abbia ricevuto il medicinale per implementare il livello di ferro, solo il 18 per cento l'ha assunto. Senza dimenticare i rischi che si corrono a causa dei pesticidi: spesso sono proprio le donne ad utilizzarli nelle piantagioni, e molti di questi sono pericolosi sia per le future mamme sia per i bambini che hanno in grembo o che allattano.
C'è chi già sta cercando di cambiare la situazione. Unicef parla di "good practices". Una compagnia in Kalimantan attua una rotazione, per evitare che le donne incinta e le neomamme lavorino a contatto con sostanze potenzialmente tossiche. Un'altra compagnia offre ai suoi lavoratori anche un servizio sanitario all'interno della piantagione, di modo che i lavoratori possano accedervi con maggior facilità.
In Indonesia ogni giorno muoiono 370 bambini al giorno. Muoiono a causa della diarrea, provocata da acqua contaminata, da condizioni sanitarie inadeguate e da scarsa igiene. Chi lavora nelle piantagioni più grandi ha diritto ad una sistemazione adeguata, con luce e acqua potabile. Ma questo non sempre accade, soprattutto per chi lavora nelle piantagioni più piccole.

Christopher Kip è a capo del team che ha studiato l'impatto dell'olio di palma sui bambini in Indonesia. "L'Unicef - spiega - sta lavorando con Rspo, le imprese (marchi internazionali e produttori locali) e il governo per attuare le migliori pratiche che rispettino e sostengano i diritti dei lavoratori, delle famiglie e dei bambini. Le industrie e i governi locali possono creare condizioni di lavoro migliori, migliorare i servizi di assistenza sanitaria ed educativa. Alcune aziende stanno cominciando a concentrarsi sulle condizioni del posto di lavoro, cercano di capire come migliorare la vita dei lavoratori, delle loro famiglie e delle comunità locali. Ci sono questioni importanti da affrontare: salari equi, migliori condizioni di lavoro, condizioni di vita adeguate (incluso l'accesso all'assistenza sanitaria, l'alimentazione, l'acqua sicura, la sanità e l'igiene), il sostegno all'infanzia e l'accesso all'istruzione per i lavoratori e le famiglie. La nostra sfida, è spiegare alle grandi aziende del settore che oltre a rispettare l'ambiente devono anche aiutare chi lavora nelle piantagioni a migliorare la loro vita".
C'è ancora molto da raccontare sull'olio di palma. È quello che cercheremo di fare, stimolando una discussione che parta dall'origine e che mostri tutti gli aspetti e le problematiche che riguardano la produzione e l'uso. Un dibattito etico, che Huffpost ha deciso di ospitare in una pagina dedicata "Olio di palma sostenibile", un confronto alimentato da contributi indipendenti per contribuire a una maggiore consapevolezza del consumatore...
(L'Huffington Post)

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