Perché l'8 marzo ci sarà uno sciopero delle donne? Questi dati vi daranno qualche risposta...





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Molti uomini, ma spesso anche tante donne, evitano di leggere articoli riguardanti femminicidio, violenza sulle donne e parità di genere adducendo come motivazione la retorica spesso pomposa e a volte retrograda che permea molti pezzi sull’argomento, tralasciando spesso che alla base degli stessi ci sono casi di cronaca agghiaccianti e una carenza informativa allarmante.
Proprio per questo motivo nella Giornata internazionale della donna e in occasione dello sciopero internazionale che, per quanto riguarda l’Italia, è stato organizzato dal movimento Non una di meno, abbiamo pensato di fornire dei semplici dati, lasciando che parlino da soli, che raccontino una realtà spesso ignorata, che fa rumore solo nel momento in cui emerge l’ennesimo “caso eclatante” che nella maggior parte dei casi coincide con omicidi, feriti e orfani. Parallelamente cercheremo di fornire alcune informazioni riguardanti la legislazione italiana e lo stato di avanzamento di una normativa che, nonostante tutto, continua ad essere inadeguata, insufficiente e incapace di prevenire il fenomeno.
DONNE E FEMMINICIDIO: I NUMERI
In dieci anni, vale a dire dal 2006 al 2016 sono 1.740 le donne uccise in Italia, la media di una ogni due giorni, più di 170 l’anno. Di queste, 1.251 sono state ammazzate in famiglia, un numero che in termini percentuali corrisponde al 71,9%. Scendendo ancora di più nei dettagli, 846 donne sono state uccise all’interno della coppia (il 67,6%), 224 (il 26,5%) è morta per mano dell’ex compagno. L’età media è pari 50,8 anni.
Prendendo in considerazione il solo 2016, il bilancio definitivo parla di 120 mogli, compagne, figlie, madri morte in seguito a violenza. Nella maggior parte dei casi si tratta di vittime di arma da fuoco, strangolamento, accoltellamento, ma sono anche tante le vittime di ustioni, bruciate. Da un punto di vista geografico, il 53,4% dei femminicidi compiuti nel 2016 si è registrato al nord, il 26,7% al sud, il 19,8% al centro. Da sottolineare che in questi conteggi non sono compresi i tentati femminicidi, le storie di chi è riuscito a sopravvivere portando sul proprio corpo e nella propria mente i segni della violenza.
E ancora: dal 2001 al 2016 sono 1.628 i figli che hanno perso la madre per mano del loro padre , privi di entrambe le figure genitoriali (la prima morta, il secondo in carcere). Sono orfani o, da un punto di vista giuridico, vittime secondarie.
DONNE: STALKING E VIOLENZE
In base ai dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica, il numero di donne che nell’arco della propria vita ha subito stalking è pari a 3milioni e 466mila persone , di cui 2 milioni e 151mila per mano dell’ex compagno. Rifugiandoci ancora una volta nelle percentuali, si tratta del 16% delle donne comprese tra i 16 e i 70 anni. Il 78% non ha denunciato.
Parlando di abusi in generale, sempre secondo l’ISTAT sono quasi 7 milioni le donne che hanno subito una qualsiasi di forma di abuso.
DONNE E VIOLENZA: I DATI EUROPEI
A livello continentale, sono 62 milioni le donne che hanno subito violenze fisiche o sessuali, 7 su 10 non hanno denunciato quanto accaduto. A sostenerlo è il rapporto dell’Agenzia UE per i diritti fondamentali sulla violenza contro le donne presentato lo scorso 4 marzo a Bruxelles.
Per quanto riguarda l’Italia, il 19% delle donne ha dichiarato di aver subito violenza da parte del partner o dell’ex partner, una percentuale che si situa sotto la media UE, pari al 22%. Le italiane che hanno invece subito abusi psicologici sono pari al 38%, mentre con le molestie si arriva al 51%.
DONNE E VIOLENZA: L’ITALIA CONDANNATA DALLA CORTE UE
La Corte Europea dei diritti umani ha recentemente condannato l’Italia per il caso di Elisaveta Talpis. Il motivo: il nostro Paese non ha agito con sufficiente rapidità per proteggere lei e il figlio 19enne , violando gli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno riconosciuto alla ricorrente 30mila euro per danni morali e 10mila per le spese legali .
La sentenza si riferisce ad un caso avvenuto a Remenzacco (Friuli - Venezia Giulia) nel 2013 quando il marito, Andrei Talpis, tentò di uccidere la donna dopo aver ammazzato il figlio. C’erano già delle denunce ed Elisaveta aveva passato anche tre mesi in una struttura protetta che aveva abbandonato perché quest’ultima non aveva più fondi per pagarle l’assistenza.
Secondo i giudici di Strasburgo “le autorità italiane sono venute meno al loro obbligo di proteggere la vita delle persone in questione”. Non solo: “la donna e i suoi figli vivevano in un clima di violenza abbastanza seria da essere considerata maltrattamento e che il modo in cui le autorità hanno condotto le indagini indicano un atteggiamento passivo dell’autorità giudiziaria”. La giustizia italiana avrebbe, secondo la Corte UE,  sottostimato la violenza, avallandola.
DONNE E VIOLENZA: LA LEGGE ITALIANA
La legge sul femminicidio è la numero 119 del 2013 , una norma con tanti limiti e un raggio d’azione alquanto limitato che agisce dopo e non prima. Nessuna protezione, nessuna prevenzione, nonostante nel 2014 il nostro paese abbia sottoscritto la Convenzione di Istanbul basata proprio su questi cardini. La ratifica c’è stata, il recepimento e l'adeguamento normativo no.
Un piccolo passo avanti è stato compiuto lo scorso primo marzo, quando la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità un provvedimento (che adesso però dovrà passare al Senato) in favore degli orfani di crimini domestici.
Il testo prevede anche pene più severe nei confronti di chi uccide il proprio coniuge, il partner civile o il convivente. Questo tipo di reato viene equiparato all’omicidio dei genitori e dei figli. Tradotto in parole povere l’assassino potrà avere l’ergastolo.
Si stabiliscono anche assistenza medico-psicologica per i figli delle vittime, l’accesso gratuito al patrocinio, un fondo statale di due milioni di euro volto a finanziare borse di studio ed inserimento lavorativo.
Ma soprattutto si pone fine ad un paradosso: il provvedimento annulla il diritto all’eredità e alla pensione di reversibilità per i colpevoli di omicidio che fino ad oggi possono continuare ad intascare i soldi di coloro che hanno ucciso. La pensione sarà sospesa e i beni della vittima verranno sequestrati a garanzia del pagamento dei danni subiti dai figli della vittima. Nonostante ciò sul fronte prevenzione e protezione non si registra alcun miglioramento.
DONNE E DISPARITÀ DI GENERE
Ma il problema non sono solo le violenze. Nel 2017 le donne continuano a subire una disparità di genere che coinvolge la società, il lavoro, la famiglia.
Lasciando parlare ancora una volta i dati, in Italia la partecipazione al lavoro femminile ammonta al 47% a fronte di una media  UE pari a circa il 60 per cento. Peggio di noi fa solo la Grecia.
Se però si tiene in considerazione il lavoro domestico, allora si scopre che le donne italiane lavorano in casa 40 ore a settimana contro le 20 ore a settimana degli uomini . Facendo una somma del lavoro effettuato dentro e fuori dalle mura domestiche, le donne lavorano 23 giorni l’anno in più degli uomini.
Numeri che però non vengono controbilanciati dal loro salario. In base al rapporto Gender Gap 2016 di Job Pricing infatti, la retribuzione media annua maschile è pari a 29.985 euro contro i 26.725 euro delle lavoratrici. Il divario è pari a 3.260 euro l’anno. Ovviamente sono valori medi, perché se si guarda alle varie fasce, soprattutto a quelle più alte il divario aumenta. Un dirigente uomo guadagna 105.983 euro, 11 mila euro in più (12% in termini percentuali) di una pari grado di sesso femminile. Tra i quadri il divario è pari al 5% mentre tra gli impiegati si sale al 12,4%. Da sottolineare che il gap retributivo è più alto tra i laureati (33,3%) e più basso tra chi non ha una laurea.
Dal punto di vista occupazionale ci sono stati però alcuni miglioramenti. Negli ultimi 10 anni ad esempio la forza lavoro al femminile è cresciuta del 9,4%, mentre il numero di occupate è salito del 6,2%. Utilizzando come riferimento i dati ISTAT , il tasso di occupazione femminile, nel mese di gennaio del 2017 è stato pari al 48,1%, quello di disoccupazione al 13,1%, quello di inattività al 44,4% . I risultati degli uomini? Occupazione al 67%, disoccupazione al 10,9%, inattività al 24,6%.
Vi chiedete per quale motivo l’8 marzo si terrà uno sciopero generale e internazionale? I dati sopra riportati potrebbero fornirvi qualche risposta...
(International Business Times)

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