Cade ultimo tabù, Isis fa strage in un ospedale...




C'era ancora uno straccio di considerazione di chi soffre, perché lo stesso Corano impone solidarietà dell'uomo verso l'uomo

Diego Minuti

Il terrorismo, per definizione, non ha limiti perché, per il fatto stesso di volere portare la paura nella gente e nelle case, non può imporre paletti alle proprie azioni. Come accaduto anche in occasione di attentati ''domestici'', come le stragi in scuole e locali americani; come per assurdo accaduto anche in occasione della strage di Oklaoma city (nel 1995, con un bilancio di 168 morti e 800 feriti). Il suo responsabile fu Timothy McVeigh , veterano della guerra del Golfo, pluridecoratro e congedato con menzione d'onore, vicino a posizioni suprematiste bianche. 
Catturato, davanti ai giudici disse che ''far saltare in aria il Murrah Federal Building era moralmente e strategicamente equivalente alle azioni militari degli Stati Uniti contro edifici del governo in Serbia, in Iraq o altre nazioni''. McVeigh, mai pentitosi, fu condannato a morte e giustiziato nel 2001.
Quando il terrorista veste i panni del radicale musulmano certi valori, seppure labili, sembrano decadere perché, se il fine può giustificare il mezzo, spesso gli jihadisti agiscono al di fuori di tale definizione, non perseguendo un fine  definito, ma usando il terrore come mezzo da utilizzare, sempre e comunque, rendendo spesso indecifrabile la motivazione di un atto violento e sanguinario.
L'Isis che scanna, che decapita, che brucia, che smembra, al di là dell'orrore che provoca, sembra seguire uno stesso percorso, ovunque colpisca, ovunque agisca. Lo testimoniano le decine di attentati contro moschee sciite, ridotte ad un carnaio da jiahisti suicidi; lo testimoniano anche le mattanze di ospiti di cerimonie religiose come i matrimoni, colpiti solo per il fatto di parteciparvi. E' come se si colpisse la superficie di uno stagno, guardando le onde che si determinano per poi colpirla nuovamente e ancora e ancora per perpetuare l'incresparsi dell'acqua. Ad un attentato se ne fa seguire un altro, quando l'eco del primo sembra attenuarsi, ed ancora e ancora.
Ma sino a ieri sembrava esserci una remora nel comportamento degli uomini del califfo, che non si sono certo fatto mancare niente nella corsa all'efferatezza. Sino a ieri c'era ancora uno straccio di considerazione di chi soffre, perché lo stesso Corano impone solidarietà dell'uomo verso l'uomo, pur se non sempre questo accade per le stravaganti interpretazioni che si fanno delle parole del Profeta.
Ma a Kabul l'Isis ha cambiato registro, mandando tre miliziani, travestiti da medici, a fare incursione nell'ospedale militare Sardar Mohammad Daud Khan, nel quartiere di Wazir Akbar Khan della capitale afghana, a pochissima distanza dal blindatissimo compound dell'ambasciata americana. Attentatori suicidi che avevano il solo obiettivo di uccidere il più possibile in una struttura medica che spesso assiste i componenti delle forze di sicurezza e le loro famiglie.
Un compito al quale  hanno adempiuto, usando il Kalashnikov come la morte usa la falce, colpendo senza distinzione d'età, di ruolo, di sesso.
Un chirurgo dell'ospedale, intervistato da una tv locale con ancora indosso la casacca verde che si usa in sala operatoria, ha raccontato quanto gli era appena accaduto. Mentre, insieme ad un collega ed al resto dell'equipe, stava per cominciare un intervento, nella sala ha fatto irruzione un terrorista che, senza pronunziare una parola, ha sparato delle brevi raffiche di mitra. Io, ha detto il chirurgo, lucido nonostante l'esperienza terrificante appena  fatta, mi sono gettato in terra scansando le raffiche. Il mio collega non ha avuto il tempo di farlo ed è stato colpito al petto, morendo tra le mie braccia.
Con l'eccidio nell'ospedale di Kabul - trenta morti ed una sessantina i feriti, molti dei quali in gravi condizioni - l'Isis ha dimostrato di potersi muovere quasi indisturbato in Afghanistan che, con il califfato sotto attacco in Siria ed Iraq, potrebbe diventare il nuovo terreno d'azione di al Baghdadi e della sua soldataglia. Al di là dell'aspetto meramente strategico, l'attentato di Kabul ripropone l'ancora esiziale pericolosità dell'Isis che tenta di riaccreditarsi in quel ruolo di capofila del radicalismo islamico che sta perdendo con le sconfitte sul campo in quei territori che considerava ormai definitivamente acquisiti...

(Globalist)

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