Nigeria, le testimonianze delle vittime di Boko Haram...




L'Italia espelle i cittadini del Paese africano. Ma i miliziani affiliati all'Isis controllano ancora parte del Nord. E lasciano dietro si sé distruzione e carestia. A L43 i racconti di segregazioni, schiavitù e violenze.




Per l'Europa i nigeriani valgono genericamente come migranti economici. Non sono associati alle masse di profughi siriani o iracheni, nonostante sempre di più fuggano dai terroristi di Boko Haram. Un regime oppressivo non li costringe da decenni, come gli eritrei, a chiedere asilo per non fare il servizio militare a vita. Il leghista Matteo Salvini era addirittura deciso ad andare «ad aiutarli a casa loro», se solo non gli avessero negato il visto. Come con l'Afghanistan (dichiarato «in parte sicuro»), con la Nigeria l'Ue cerca accordi bilaterali per rimpatriare migliaia di migranti.

RIMPATRI SUI CHARTER. Il copione è sempre lo stesso e il governo di Roma fa da rompighiaccio per Bruxelles: si danno milioni - 10 quelli promessi solo dall'Italia ai Paesi del bacino del Lago Ciad, che include la Nigeria – e in prospettiva miliardi, come alla Turchia e presto alla Libia, a dittature o a fragili e insicure democrazie. Così dopo il tour in Africa nel 2016 del premier Paolo Gentiloni, allora ministro degli Esteri, una direttiva del febbraio 2017 invita le questure a «rintracciare tutti i cittadini nigeriani in posizione irregolare». «D'intesa con l'ambasciata della Repubblica federale della Nigeria», sono pronti i charter che diverse associazioni e organizzazioni per i diritti umani denunciano illeciti.

Sfollati nella carestia.

GETTY


La Nigeria passa per essere la prima economia emergente africana. Ha il petrolio e diverse materie prime. Per Prodotto interno lordo (Pil) ha anche superato il Sudafrica. Limitandosi ai dati sulla carta, i nigeriani rischiano di non essere neanche più considerati migranti economici: come l'Iraq, potrebbero essere gli abitanti di un Paese molto florido. Ma, proprio come in Iraq, gli affiliati all'Isis di Boko Haram continuano a seminare terrore, distruzione e morte. È falso che l'esercito nigeriano dell'ex dittatore Buhari, che si è fatto rieleggere presidente, e dei rinforzi degli Stati alleati confinanti sia riuscito a riprendere il controllo di tutto il vasto territorio occupato a Nord, nel 2014, dai jihadisti.
NIGERIA COME L'IRAQ. Ancora il 17 febbraio scorso, scontri nella città settentrionale di Maiduguri tra i soldati e 9 tra kamikaze e miliziani di Boko Haram hanno ucciso altri due civili: tre attentatori-suicidi hanno fatto esplodere dei veicoli in una stazione dei camion, uno scenario da Baghdad del post Saddam Hussein. Negli Stati della federazione nigeriana di Borno, Yobe e Adamawa (i più colpiti dalle razzie dei jihadisti) i raccolti sono stati distrutti e le colture interrotte per la crisi. L'Onu denuncia «condizioni catastrofiche» per oltre 120 mila nigeriani e carenze alimentari per 11 milioni di persone, più di 6 milioni delle quali nella regione del Chad. Anche l'ong Medici senza frontiere, dalla sede nel Borno, allerta sui bisogni di una zona al «collasso, dove manca il cibo e le esigenze mediche sono enormi e drammatiche. L'emergenza non è mai finita».
Nelle aree tornate accessibili c'è una evidente crisi di cibo. Si vive in condizioni di povertà estrema
ANNE MARIE MCCARTHY, PLAN INTERNATIONAL

                                                 

Dopo i bambini nigeriani (si stimano 400 mila malnutriti) le donne sequestrate e abusate dai Boko Haram sono le vittime più numerose. Eppure proprio alle nigeriane è riservato il doppio dei posti degli uomini nei charter dei rimpatri dall'Italia, 50 donne soltanto questo mese. Anne Marie McCarthy, coordinatrice dell'ong Plan international per l'emergenza nel Lago Ciad, assediato dai Boko Haram, ha visitato Maiduguri nel Borno dopo la liberazione dell'esercito: «Una regione già prima della crisi economicamente meno sviluppata del resto della Nigeria», racconta a Lettera43.it, «ora in evidente crisi di cibo nelle aree tornate accessibili grazie».
AGRICOLTURA FERMA. L'ong ha di recente aperto due nuove sedi nel Nord Est del Paese, per assistere soprattutto donne e bambini. La maggioranza della popolazione vive in condizioni di «povertà estrema dall'occupazione dei Boko Haram». Alcune nigeriane, riuscite a scampare ai jihadisti, hanno i figli o gli uomini della famiglia ancora rapiti, quando non uccisi dai terroristi: si portano addosso i traumi di gravissime violenze e non hanno più di che vivere. In questi Stati l'economia di sussistenza locale è crollata, per l'inflazione non si riescono neanche a comprare le sementi: l'agricoltura è ferma e le riserve si sono esaurite.

Stuprate e ripudiate.

PLAN ITALIA


Dal 2014 in Nigeria si stimano circa 20 mila morti e oltre 2 milioni di sfollati. Plan ha raccolto testimonianze drammatiche delle donne ostaggio degli affiliati dell'Isis. I loro nomi, per sicurezza, sono inventati ma le loro storie sono cruda realtà: Loveth, all'epoca 14enne, dello Stato di Adamawa, era in fuga dal suo villaggio quando fu «intercettata a un check point armato e trasportata poi dai Boko Haram in un loro campo». Dopo tre mesi di cattività, una reclusa della zona riuscì a indicarle una via di fuga. Ma del fratello e del ragazzo rapiti con lei non ha più saputo nulla.
SCHIAVIZZATE E STUPRATE. Le donne raccontano di «segregazioni terribili». Separate per sesso dai mariti e dai figli, forzate «pena la morte» a un «bagno rituale» e a «imparare le scritture coraniche». Poi messe a «pulire e a cucinare per gli uomini, in cambio di magre derrate», alcune «costrette al matrimonio». Grace, 40 anni, anche lei dell'Adamawa, fu svegliata dal «suono dei fucili, prelevata da casa incinta e caricata col marito e il figlio su un camion». «Le proprietà e le riserve di cibo del villaggio sono state bruciate dai Boko Haram», ricorda. Sul punto di partorire, è scappata da un «cancello lasciato aperto» e ha scavalcato «un'altra barriera, correndo nella foresta». Anche il marito di Grace è riuscito a tornare e ritrovarla, ma del loro bambino 12enne non si hanno più notizie.

Villaggi razziati e bruciati.

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Come tanti sopravvissuti, i genitori «temono il peggio». Dicono di essere stati trasferiti e imprigionati dai jihadisti armati in «compound del Nord-Est». Sarah, un'altra vittima che si è salvata, a 18 anni stava lavorando con la matrigna nel loro campo, quando furono avvistate e portate via insieme dai Boko Haram di passaggio. Si è salvata impaurendoli, «fingendosi disabile». Non parlava, fissava nel vuoto e non muoveva i muscoli, «per non farsi sfiorare». La madre adottiva si inventò che era stata «colpita da un fulmine». «Eravamo per loro abbastanza strane da essere emarginate e poi abbandonate, quando infine i terroristi si sono spostati, lasciando l'area», ricostruisce.

PROFUGHI NEGATI. Si scrive molto dell'Isis in Siria e in Iraq, ma poco o nulla del loro grande distaccamento in Africa dei Boko Haram. Le nigeriane rapite raccontano degli stupri, e di essere poi spesso ripudiate con i figli delle violenze subìte. In un video trovato in un computer dei terroristi, nel Borno, in un'esecuzione pubblica vengono mozzate le mani a dei ladri processati. Altri vengono frustati, altri ancora mitragliati dai kalashnikov. «Anziché istituire canali umanitari per questi milioni di disperati, si costruiscono muri e si organizzano retate e voli charter per il rimpatrio forzato, anche verso realtà di crisi estrema», chiosa l'Agenzia Habeshia di volontariato per richiedenti asilo, rifugiati e beneficiari di protezione umanitaria...

(Lettera 43)

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