Gli accordi segreti al vertice di Astana sulla Siria...




La prima trattativa tra le parti siriane dopo cinque anni di massacri, e piomba il silenzio. Ad essere buoni, ti coglie il sospetto. Il silenzio a proteggere una soluzione a sorpresa che si sta completando? O il silenzio a coprire l’insuccesso o la rottura di fatto. In realtà, premesse importanti al prossimo vertice Onu di Ginevra. Gli accordi segreti raggiunti.



Il maggior successo diplomatico degli ultimi cinque anni sulla questione siriana su cui, nel pieno del suo svolgimento, cala una cappa di inspiegabile silenzio. O la premessa per la soluzione a sorpresa, la riservatezza su delicate trattative che continuano, o il silenzio pietoso a coprire l’insuccesso o la quasi rottura di fatto. Tutto e il contrario di tutto il possibile. Ad Astana, gelida capitale del Kazakistan, Paese che mischia lingua turcomanna con tradizione e vincoli filo russi, la ‘troika’ garante della tregua in corso, Russia, Turchia e Iran, diventa la premessa per riprendere il negoziato politico-diplomatico sul futuro della Siria a Ginevra, sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Ed è questa la mossa vincente della diplomazia russa che permette di capire tutto il resto.
Astana solo una premessa ad altro? Probabilmente in Kazakistan sono stati raggiunti accordi molti più sostanziosi, anche se tra frammenti delle diverse parti in campo. Con alcuni dati di fatto che segneranno il prossimo futuro. La Russia capace di emergere come primus inter pares rispetto ai suoi Partner, il suo alleato storico iraniano e il turco suo alleato acquisito. Mosca capace di tessere mediazioni sia col regime di Assad che con le opposizioni armate, ad esclusione delle formazioni integralista islamiche Isis o al-Qaeda. Il Cremlino che rinuncia a farsi solo protagonista e riduce l’incontro di Astana ad una premessa per un accordo di pace da delegare all’ufficialità delle Nazioni Unite.
In una analisi per l’Ispi, l’istituto per gli studi di politica internazionale, Armando Sanguini, ex ambasciatore in Arabia Saudita e Tunisi, parla di un Iran disposto ad abbozzare pur di salvaguardare le sue ambizioni di influenza sulla Siria. Di una Turchia che pur di non essere ostacolata nella sua lotta contro i curdi siriani dismette le vesti di irremovibile oppositore di Bashar al-Assad. E infine, una opposizione ‘moderata’ inutilmente sostenuta dall’occidente, sconfitta militarmente e stremata dalla guerra, alla ricerca di una soluzione politica onorevole. Tanti protagonisti, tanti interessi divergenti e qualche assenza di troppo, quella americana in attesa di Trump.
L’attesa ingenua del miracolo dai due giorni di Astana, e la più concreta mediazione tra le parti per fermare la guerra civile e spianare la strada alla liberazione del paese da Isis e milizie associate. L’abile ministro russo Lavrov, da consumato diplomatico aveva limitato le aspettative dichiarate: la creazione delle condizioni per un negoziato diretto tra il governo siriano e opposizione armata, che poteva sembrare fantascienza sino a ieri, e il consolidamento del cessate il fuoco in tutte le aree dove non sono presenti le milizie Isis-Al Qaeda. L’accortezza di trasformare la vittoria militare dell’asse Mosca-Damasco-Teheran-Hezbollah nel voto unanime del Consiglio di sicurezza del 31 dicembre 2016.
Ed ecco uno dei perché l’incontro di Astana, presente Inviato speciale Onu sulla Siria Staffan De Mistura, si autoriduce a prologo dei colloqui di pace di Ginevra l’8 febbraio prossimo. Mosca, viene ancora segnalato, è riuscita anche ad attribuire ai sauditi il contribuito decisivo alla formazione della delegazione delle 15 sigle dell’opposizione. Una ‘carineria’ non di poco conto, visto il rischio per Mosca di irritare Teheran, che aveva già mal digerito la decisione di invitare Washington. Passa quindi l’affermata identità di vedute tra Putin e Trump sulla priorità da assegnare alla guerra contro il terrorismo. E Washington manda di corsa l’Ambasciatore in Uzbekistan George Krol, qualità di osservatore.
E l’opposizione siriana? Voce grossa alla partenza, poi tre obiettivi ragionevoli che sarebbero stati raggiunti: il consolidamento del cessate il fuoco su tutto il territorio senza Isis; l’operatività dei corridoi umanitari, e il rilascio dei prigionieri di guerra. Da parte delle opposizioni, in cambio, nessuna pregiudiziale su Bashar al-Assad. Davvero non male, rileggendo guerra e dichiarazioni dell’altro ieri. Soddisfatta Mosca che si prepara incassare i dividendi della sua azione politico-militare e negoziale. Risultato accettabile anche per Washington (sempre su Ispi l’ambasciatore Armando Sanguini), che avrà tempo e modo per prepararsi all’appuntamento dell’8 febbraio a Ginevra.
La dichiarazione finale della Troika. 13 punti nei quali, oltre al cruciale impegno a garantire il cessate il fuoco, sono i dettagli che fanno la sostanza. Politicamente, l’aver legato il vertice di Astana alle diverse Risoluzioni delle Nazioni Unite e, di aver posto i risultati diplomatici russi sotto l’ombrello Onu. Col un passaggio chiave e irrinunciabile, ci viene detto: l’impegno ad assicurare la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale della Siria quale stato multi-etnico, multi-religioso, non settario e democratico. Ed ecco il fronte dello scontro politico diplomatico aperto. L’ipotesi di una divisione territoriale della Siria, con nuovi confini, staterelli o zone di influenza. Ma questo vorrebbe dire ancora guerre, all’infinito...

(RemoContro)

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