Yemen, il colera si abbatte su un Paese distrutto dalla guerra...





L'epidemia, in corso da due mesi, ha ucciso finora 1.000 persone. Colpa dei danni alla rete idrica. E della contaminazione dell'acqua. Il medico Mansouri: «In ospedale arrivano anche tre pazienti al minuto».





All’ospedale Sabaeen, in Yemen, il codice nero, termine che segnala il sovraffollamento e l’impossibilità di una struttura sanitaria di accogliere altri pazienti, è un eufemismo. I malati dormono anche in tre in un solo letto, sul pavimento e all’esterno sotto tende improvvisate. Il colera sta portando nel baratro un Paese già devastato dalla guerra. Da quasi due mesi lo Yemen sperimenta sulla sua pelle la seconda epidemia in meno di un anno. «Nelle ultime due settimane, abbiamo ricevuto i pazienti a un ritmo di uno, due a volte anche tre al minuto», ha detto Ismail Mansouri, medico dell’ospedale Sabaeen.

PRIMA ONDATA A FINE 2016. A due anni dall’inizio del conflitto che contrappone le grandi potenze regionali, Arabia Saudita e Iran, per il controllo del Paese la situazione umanitaria in Yemen è drammatica. La guerra ha già causato più di 10 mila morti, milioni di sfollati e precipitato il Paese in una gravissima carestia alimentare. Nonostante lo Yemen sia la nazione più povera del mondo arabo ha una grande importanza strategica per gli Stati petroliferi dell’area. Sul Mar Rosso la città di Al-Mokha, conquistata dai ribelli sciiti Houthi all'inizio di quest'anno dopo feroci combattimenti, controlla lo stretto di Bab al-Mandab, attraverso il quale passa gran parte del petrolio del mondo. Il colera è riesploso il 27 aprile, dopo una prima ondata nell’ottobre del 2016, e le Nazioni Unite affermano che si sta diffondendo con una velocità «senza precedenti».

L'Ong britannica Oxfam stima che la malattia, trasmessa via acqua infetta, uccide almeno una persona ogni ora. «Dallo scoppio della nuova epidemia, alla fine di aprile, sono già più di 1.000 le vittime», ha detto in un incontro ad Amman Jamie McGoldrick, coordinatore umanitario Onu in Yemen. «Qui l’umanità ha ceduto il passo alla politica e all’economia. Prima la guerra, poi la carestia e ora la malattia, il tempo per intervenire sta terminando e lottiamo contro la scarsità di risorse per gli aiuti». McGoldrick ha detto che sono più di 130 mila le persone infettate, in maggioranza donne e bambini: «Tutto questo in un Paese con meno del 50% dei servizi sanitari operativi». L’epidemia ha già raggiunto 20 delle 22 province yemenite e gli esperti dell’Onu stimano che nei prossimi sei mesi i contagiati saranno almeno mezzo milione.
RISORSE IDRICHE CONTAMINATE. I danni ai sistemi fognari, alla rete elettrica e alle tubazioni hanno contribuito alla contaminazione delle risorse idriche. Con l’estate la situazione non può che peggiorare. Nella provincia meridionale di Adenm, controllata dal governo filo saudita, l’acqua stagnante e inquinante è diventata nera, attirando zanzare e altri insetti, potente mezzo di trasmissione per le malattie contagiose. Majid al-Daari, direttore del centro di lotta al colera dell’ospedale Al-Sadaqa, ad Aden, ha detto che la sua struttura ha accolto più di 200 casi solo la scorsa settimana: «Temiamo che la malattia continuerà a diffondersi. La maggior parte dei malati è poverissima e non può permettersi assistenza medica privata né i mezzi per allontanarsi dai focolai o per raggiungere luoghi dove essere curati».
VITTIME SU ENTRAMBI I FRONTI. Ammar Abdel-Malek, medico della provincia centrale di Ibb, controllata dai ribelli appoggiati dall’Iran, ha raccontato che «le strade sono allagate da acque putride, inquinate dalle fogne rotte e piene di spazzatura. Ecco perché abbiamo il colera». «L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta lavorando per accedere anche nelle aree remote per raggiungere il maggior numero possibile di pazienti», ha dichiarato Omar Saleh, membro, della missione dell’Oms in Yemen, «la situazione umanitaria è allarmante. Stiamo assistendo a un vero disastro. La malattia non ha nulla a che fare con le divisioni politiche e miete vittime innocenti su entrambi i fronti»...
(Lettera43)

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