L’infinita battaglia di Mosul e jihad alla francese...




Gli iracheni liberano mezza Mosul, ma la partita militare resta difficile e la liberazione totale molto lontana. Mentre la Francia scopre di essersi allevato in casa il gruppo più numeroso di foreign fighters che combattono o hanno combattuto per l’Isis in Siria e in Iraq.
Nella foto di copertina, famiglie irachene attraversano un ponte distrutto dai jihadisti Isis a Mosul. Il 13 gennaio l’esercito iracheno ha annunciato di aver riconquistato il ponte della Libertà che collega la zona orientale della città da quella occidentale.



Partiamo dalla notizie europee. Con circa mille cittadini che combattono o hanno combattuto per l’Isis in Siria e in Iraq, la Francia è in cima alla lista dei paesi UE nel fornire militanti jihadisti in esportazione. Lo ha confessato ieri il direttore dell’unità di coordinamento anti-terrorismo della polizia francese, e non era facile da ammettere.
Loic Garnier prova ad alleggerire le vergogne nazionali, ricordando all’Europa che «Il Belgio registra la densità maggiore di foreign fighters in percentuale alla popolazione», che è un po’ come fare la spia contro il compagno di banco. Salvo, alla fine dover ammettere, «la Francia rimane il più grande contributore di miliziani dell’UE».
La polizia d’oltralpe ritiene fossero circa 30 mila jihadisti stranieri che combattevano in Medio Oriente con lo Stato Islamico nel 2015. Il loro numero sarebbe sceso attualmente a 12.000, tra cui 3.000 cittadini europei.
Garnier ha ricordato che 232 foreign fighters francesi sono morti mentre altri 700 si trovano ancora nelle aree sotto controllo dello Stato Islamico.
A Mosul la guerra vera
Frazioni di quartiere, gruppi di case a segnare la difficile avanzata verso il fiume Tigri e la parte occidentale di Mosul.
Dopo tre mesi di battaglia e migliaia di morti (almeno 3 mila solo i caduti stimati tra l’esercito e la polizia di Baghdad che non parlano delle perdite subite ma solo di quelle inflitte allo Stato Islamico) la parte orientale e settentrionale della città di Mosul è stata quasi del tutto liberata dalle forze irachene.
Il drammatico problema del ‘quasi’.
Il caposaldo della resistenza dell’Isis a est del fiume è stata la cittadella universitaria che nel nord della città impediva ai governativi di raggiungere le sponde del fiume Tigri.
“Possiamo dichiarare che l’università è stata liberata” ha annunciato il 15 gennaio Maan Saadi, generale delle forze di controterrorismo irachene. “Abbiamo concluso la parte più difficile. Siamo in grado di riprendere l’intera zona orientale entro i prossimi dieci giorni” ha aggiunto Saadi.
La tv satellitare curda Rudaw denuncia un’ondata di profughi provenienti dalle zone appena liberate dai miliziani dell’Isis, in cerca di rifugio in aree più sicure.
Finora circa 200 mila civili hanno lasciato la città per raggiungere i campi profughi allestiti dal governo iracheno, cioè il 10 per cento della popolazione di Mosul e si teme che gran parte della popolazione sia ancora in città o sia fuggita in aree controllate dal Califfato nel timore non infondato di feroci rappresaglie contro la popolazione sunnita che in larga misura aveva sostenuto l’Isis...

(RemoContro)

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