La guerra dei droni di Obama. Migliaia di morti, molti civili. Dallo Yemen al Pakistan, dalla Somalia all'Iraq...





Umberto De Giovannangeli, L'Huffington Post

“Gli attacchi dei droni eliminano di sicuro qualche terrorista ma uccidono anche un gran numero di civili innocenti. Considerata la struttura tribale della popolazione yemenita, con questa strategia gli Usa generano tra 40 e 60 nuovi nemici per ogni vero militante di Al Qaeda eliminato”. Nel giorno del raid lanciato all’alba da un drone Usa contro il gruppo qaedista che teneva prigioniero il fotoreporter americano Luke Somers, operazione costata la vita all’ostaggio, acquistano un significato “profetico” le affermazioni di Nabeel Khoury, che tra il 2004 e il 2007 è stato capo-missione nello Yemen per il Dipartimento di Stato Usa.
Il tragico epilogo del blitz riaccende i riflettori non solo sulla presenza qaedista sul territorio yemenita, ma rinfocola le polemiche, dentro e fuori gli Stati Uniti, sulla “guerra dei droni” rilanciata da Barack Obama.
Tutte le più importanti organizzazioni umanitarie hanno documentato gli effetti provocati dall’uso di velivoli senza pilota in operazioni “anti-terrorismo”. Nell’ottobre 2013, Amnesty International ha reso pubblico uno dei più completi studi, dalla prospettiva dei diritti umani, sul programma statunitense relativo all'impiego dei droni. Il rapporto dell'organizzazione per i diritti umani, intitolato “Sarò io il prossimo? Gli attacchi statunitensi coi droni in Pakistan”, conteneva nuove prove sulle uccisioni illegali causate nelle aree tribali del Pakistan nordoccidentale dagli attacchi coi droni - alcuni dei quali possono essere considerati persino crimini di guerra - e la pressoché totale assenza di trasparenza del programma statunitense.
"Grazie alla segretezza che avvolge il programma sui droni, l'amministrazione Usa ha licenza di uccidere senza controllo giudiziario e in violazione degli standard basilari sui diritti umani. È giunto il momento che gli Usa rendano noto il programma e chiamino a rispondere i responsabili delle violazioni dei diritti umani" - spiegava dichiarato Mustafa Qadri, ricercatore di Amnesty International sul Pakistan."Che speranza di compensazione possono avere le vittime degli attacchi coi droni e le loro famiglie se gli Usa non ammettono neanche la responsabilità di determinati attacchi?", aveva rimarcato Qadri. Una domanda che non ha mai avuto risposta né dal Pentagono, né dal Dipartimento di Stato Usa né dalla Casa Bianca. Amnesty International aveva esaminato i 45 attacchi conosciuti tra gennaio 2012 e agosto 2013 nel Nord Waziristan, la regione del Pakistan più colpita dai droni.
L'organizzazione per i diritti umani ha condotto dettagliate ricerche sul campo riguardanti nove dei 45 attacchi. Il rapporto che ne è derivato solleva forti interrogativi su violazioni del diritto internazionale che potrebbero costituire esecuzioni extragiudiziali o crimini di guerra.
Nell'ottobre 2012 Mamana Bibi, una donna di 68 anni, è rimasta uccisa in un doppio attacco, portato a termine apparentemente con un missile Hellfire, mentre raccoglieva ortaggi nel terreno di famiglia, circondata dai nipoti. Nel luglio 2012, 18 braccianti, tra cui un ragazzo di 14 anni, sono stati uccisi in un attacco multiplo contro un povero villaggio situato nei pressi della frontiera con l'Afghanistan. Stavano per cenare, al termine di una dura giornata di lavoro. Nonostante secondo la versione ufficiale si trattasse di "terroristi", le ricerche di Amnesty International indicano che le vittime non erano coinvolte in combattimenti né ponevano alcuna minaccia alla vita altrui.
"Non può esserci alcuna giustificazione per questi omicidi – concludeva Qadri . Nella regione vi sono pericoli reali per gli Usa e i loro alleati e, in alcune circostanze, gli attacchi coi droni possono essere legali. Ma è difficile credere che un gruppo di braccianti o un'anziana donna circondata dai nipoti stessero mettendo in pericolo qualcuno, per non parlare di un'imminente minaccia contro gli Usa".
In un anno a cambiare è solo il numero delle vittime della “guerra dei droni”. Negli Stati Uniti un rapporto stilato da una commissione indipendente di esperti, ex alti funzionari del Pentagono e delle forze armate americane, presieduta dal generale in pensione John P. Abizaid, già comandante delle truppe Usa in Iraq, ha avanzato molte riserve sull’uso indiscriminato dei droni. Secondo gli esperti, la Casa Bianca, sia sotto Bush ma ancor più nell’era Obama, ha mostrato troppa dipendenza sulla strategia delle uccisioni mirate con i droni, facendone un pilastro della guerra al terrorismo internazionale.
Dopo un decennio di attacchi dei droni l’obiettivo non è stato realizzato: piuttosto che essere debellati, i gruppi terroristi si sono moltiplicati.
Quanto a Human Rights Watch, l’organizzazione umanitaria statunitense ha focalizzato la sua attenzione su 6 attacchi americani nello Yemen tra il 2009 e il 2013, individuandone almeno 2 in cui sono stati "uccisi civili in maniera indiscriminata", mentre gli altri "potrebbero aver colpito persone che non erano obiettivi militari legittimi o causato un numero sproporzionato di vittime civili", in quella che è vista come una chiara "violazione del diritto internazionale".
Durante l’attacco avvenuto nella città di Radaa, nella provincia centrale yemenita di Al-Bayda, avvenuto nel dicembre 2013, morirono 12 persone e altre 14 rimasero gravemente ferite. Secondo vari gruppi di ricerca che si occupano della questione droni, dal 2009 gli Stati Uniti hanno condotto almeno 86 operazioni mirate in Yemen, uccidendo circa 500 persone.
“Sono personalmente, moralmente ed eticamente offesa dall’uso dei droni. Ritengo che il fatto che queste armi possano volare quasi autonomamente per circa 11.000 chilometri - verso località dove, sfortunatamente, il mio esercito e la CIA attaccano le persone in paesi con i quali non siamo in guerra - sia semplicemente orripilante e che sia, come molti sostengono, una violazione della legge internazionale e il suo assassinio. Non sostengo l’assassinio da parte del mio governo, punto”, così si è espressa, in una intervista televisiva, Jody Williams, premio Nobel per la Pace, premio conferitole per la campagna internazionale contro le mine antiuomo.
Secondo un recente rapporto dell’Ong britannica “Reprieve”, per ogni “terrorista” ucciso nella “guerra dei droni” condotta dagli Usa , le vittime civili sono state 28. Ancora: in dieci anni di azioni militari condotte con velivoli senza pilota, su 41 leader di formazioni terroristiche eliminati i droni hanno ucciso 1.147 persone innocenti. “Gli attacchi dei droni – sostiene la responsabile del report Jennifer Gibson – erano stati presentati ai cittadini americani come raid di estrema precisione. Ma non c’è nulla di preciso in chi provoca la morte di 28 innocenti per stanare e uccidere un terrorista”.
Secondo la New America Foundation di Washington, dal 2004 sono stati effettuati 350 raid, soprattutto sotto la presidenza Obama. Il bilancio delle vittime sarebbe compreso tra i 1.963 e i 3.293, di cui tra i 261 e i 305 civili. Un’altra organizzazione, la britannicaBureau of Investigative Journalism, fornisce un bilancio tra i 3.072 e i 4.756 morti, di cui tra 556 e 1.128 civili, in Pakistan, Yemen e Somalia.
“È difficile accertare con precisione l’impatto sui civili dell’uso di droni armati, in parte a causa della mancanza di trasparenza nell’informazione, ma è indubbio che vaste popolazioni vivono nella paura costante dei loro attacchi. Fonti attendibili parlano di un numero elevato di vittime tra la popolazione civile. Pertanto, se l’economia dei droni può avere un senso nel bilancio, dal punto di vista etico è imperativo che questi risparmi sui costi non siano gli unici di cui si tiene conto. Il costo per la vita e i beni dei civili, come anche quello psicologico ed economico di vivere nella paura costante di eventuali attacchi sbagliati, non devono essere ignorati”. Così affermava l’arcivescovo Silvano Tomasi, rappresentante permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, nel suo intervento a Ginevra nell’ "Incontro annuale degli Stati parte della Convenzione sull’interdizione e la limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali che possono produrre effetti traumatici eccessivi o indiscriminati”. Era il 14 novembre 2013. Un anno dopo, la “guerra dei droni” continua.

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook