Isis, guerra per conquistare Kobane Assedio Isis alla città al confine con la Turchia. Sventola la bandiera nera....





Kobane, città del Nord della Siria, al confine con la Turchia, rischia di capitolare nelle mani dei combattenti dello Stato islamico. Martedì 7 ottobre i combattimenti tra i militanti curdi ed i membri dell'Isis si sono estesi a Ovest e a Sud, all'indomani della presa - da parte dei jihadisti - di tre quartieri a Est. Al centro della città sventola ancora una bandiera curda, apparsa lunedì 6 ottobre. Ma un altro vessillo, quello nero dello Stato islamico sventola nel villaggio vicino di  Ayn al-Arab. « L'Isis ha piantato la sua bandiera nera sulla porta di ingresso della Nato», sintetizzava il titolo del Wall Street Journal. 
FUGA IN TURCHIA. Si spara, quindi, in diversi quartieri, dopo una notte segnata da numerosi lanci di mortaio. Un responsabile locale di Suruc, la città turca più vicina a Kobane, ha detto che circa 700 persone hanno attraversato il confine durante la notte e si sono rifugiate in Turchia. Tra loro c'erano sia civili, sia membri delle forze di autodifesa curde. Per contrastare l'Isis, sono stati effettuati anche raid aerei su Kobane da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti, che hanno colpito posizioni dei jihadisti a Sud Ovest della città.
ALMENO 400 MORTI. Per l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), dal 16 settembre sono oltre 400 i morti accertati nella battaglia per la conquista della città al Nord della Siria. Il numero reale, però ha aggiunto la organizzazione non govenativa, potrebbe essere il doppio. I morti sono 219 jihadisti, 164 combattenti curdi che difendevano la città, 9 membri di milizie loro alleate e 20 civili, quattro dei quali sono stati decapitati dall'Isis. 

  • La mappa dei combattimenti e dei raid anti Isis (Fonte: Ansa centimetri).

In Turchia un morto e un ferito nelle manifestazioni pro Kobane

Gruppi di cittadini di origine curda hanno manifestato in diverse città, da Roma a Strasburgo, in solidarietà alla comunità siriana che quasi da sola sta affrontando la minaccia terroristica.
Ma nel frattempo in Turchia, Paese membro entrato nella coalizione anti terrorismo dopo diversi tentennamenti e accusato di aver avuto un atteggiamento contradditorio nei confronti della minaccia jihadista, i sostenitori dei curdi hanno subito la repressione delle forze dell'ordine.
REPRESSIONE DELLA POLIZIA. Secondo quanto riferito dai media arabi, la polizia turca è infatti intervenuta con cannoni ad acqua e lacrimogeni per disperdere diverse manifestazioni indette dal partito curdo (Hdp) in solidarietà con Kobane sotto assedio. A Kadikoy si sono registrati violenti scontri da i dimostranti e le forze dell'ordine. Manifestazioni si sono registrate anche ad Ankara, Antakya, Antalya, e in altre città minori.
Un dimostrante è rimasto ucciso e un altro ferito da colpi di arma da fuoco nella provincia orientale turca di Mus Varto. Lo riferiscono i media arabi citando Hurriyet. La vittima, un giovane di 25 anni, che partecipava alle manifestazioni in sostegno di Kobane, sarebbe stato ucciso da un proiettile sparato dalla polizia.
IMPOSTO IL COPRIFUOCO. Dopo le violenze, le autorità turche hanno imposto il coprifuoco in sei distretti di Mardin, la regione sudorientale della Turchia, non lontano dal confine con la Siria.

La coalizione anti Isis? 1768 raid Usa e solo 195 per gli altri

Il primo ministro turco Erdogan, dopo aver tentennato sul sostegno alla coalizione anti terrorismo, ha riconosciuto che Kobane «è sul punto di cadere». E, visitando un campo di profughi siriani a Gaziantep, nel Sud della Turchia ha chiesto un'accelerazione nella lotta allo Stato islamico: «Il terrorismo non sarà fermato dai raid aerei e fintanto che noi non collaboreremo in vista di un'operazione di terra d'intesa con coloro che già combattono sul terreno», ha aggiunto, sollecitando la comunità internazionale a cambiare strategia. «Sono passati mesi senza che alcun risultato sia stato ottenuto», ha insistito, pretendendo fra l'altro dagli Usa un impegno per la futura rimozione del presidente siriano Bashar al-Assad.
ANCORA IL NODO ASSAD. «È necessario fare di più per fermare i jihadisti» e in particolare «sostenere il governo siriano contro i terroristi», gli ha risposto a distanza il ministero degli Esteri iraniano. Insomma, passa il tempo ma il bivio su Assad si ripropone, proprio nel giorno in cui la stampa americana è tornata ad attaccare il presidente Barack Obama per il mancato intervento contro Damasco.
ASSENTI UE E PAESI ARABI. Intanto è stato comunicato che solo un 10% dei quasi 2 mila raid aerei compiuti da agosto in Iraq e Siria contro lo Stato islamico sono stati condotti da Paesi arabi e dagli altri alleati degli Stati Uniti: i velivoli statunitensi hanno eseguito 1.768 attacchi mentre gli altri componenti della coalizione internazionale hanno compiuto solo 195 raid.
I responsabili del Pentagono hanno sottolineato che gli alleati saranno sollecitati a fare di più in futuro. Le cifre mostrano, però, per la prima volta la limitatezza dell'intervento di Bahrain, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, iniziato il 23 settembre. Mentre Francia, Belgio, Gran Bretagna, Danimarca, Olanda sono al fianco degli Usa, ma solo con missioni limitate all'Iraq.  


(Lettera 43)


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