Califfato libico alle porte dell'Italia. Cresce l'allarme, Sigonella ancora più nevralgica ...





Umberto De Giovannangeli, L'Huffington Post

Ora quelle minacce appaiono più “vicine”. Ora che la bandiera nera dello Stato Islamico sventola a Derna, la capitale dei jihadisti in Libia. Ora che il gruppo più attivo, più pericoloso e meglio armato della galassia qaedista libica, Ansar Al Sharia, ha annunciato la sua affiliazione all’Esercito di Abu Bakr al-Baghdadi, autoproclamato califfo dello Stato Islamico di Siria e del Levante. E ora anche di un Paese, la Libia, alle porte di casa nostra.
I servizi d’intelligence italiani monitorano da tempo ciò che avviene nella “nuova Somalia” del Mediterraneo (la Libia del dopo-Gheddafi), segnalando l’affermarsi delle milizie qaediste all’interno dell’arcipelago (oltre 300) dei gruppi armati che dettano legge nel Paese nordafricano. Preoccupa l’inquadramento di Ansar al Sharia all’interno dell’Esercito del “Califfo Ibrahim”. “Non tanto, spiega all’Huffington Post una autorevole fonte d’intelligence, perché i qaedisti libici abbiano bisogno di armi e finanziamenti, cosa che hanno già in abbondanza, ma per aver abbracciato una idea 'sovranazionale' di Jihad, quella praticata in Siria e in Iraq dall’Isis, e di una guerra senza confini all’Occidente 'colonizzatore e apostata'”.
Di questo Occidente fa parte l’Italia, il Paese europeo più vicino alla Libia. E ai razzi a disposizione dei nuovi adepti dell’Esercito del califfo. In un messaggio audio di 42 minuti diffuso su Youtube lo scorso 22 settembre, il portavoce dell’Isis, Abu Muhammed Al Adnani, aveva avvertito che il prossimo attentato sarà sulla città di Roma: “Vi promettiamo che sarà l’ultima vostra crociata. Non ci invaderete questa volta, ma vi invaderemo noi. E con la volontà di Dio, distruggeremo la Croce, conquisteremo la vostra Roma e prenderemo le vostre donne”.
Minacce deliranti, ma che acquistano altro peso ora che le schiere dello Stato Islamico si sono insediate in Libia e riprendono a muoversi anche in Tunisia e Algeria. Ora che l’Is ha inglobato altre organizzazioni di prima fila dell’universo qaedista: al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) e quella nella Penisola Arabica (Aqap), che in un comunicato congiunto hanno annunciato di unirsi ai jihadisti sunniti dello Stato Islamico contro la minaccia comune della coalizione a guida Usa. E sempre nell’Isis è confluito il gruppo jihadista tunisino Ansar al Sharia, il cui leader, Abu Iyadh, latitante dall’autunno 2012, è ritenuto la mente dell’attacco all’ambasciata americana a Tunisi.
Secondo rapporti d’intelligence, Abu Iyadh avrebbe avuto l’incarico dal comando centrale dell’Is di addestrare unità operative capaci di seminare la morte non solo in Tunisia e Algeria ma anche nei Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, quella europea. Una ragione in più per l’allarme rosso.
“Il rafforzamento dell’Is nel Maghreb – rimarca la fonte d’intelligence – rappresenta indubbiamente un salto di qualità per ciò che concerne non solo la capacità ma la determinazione dei suoi capi a estendere il terreno di scontro con i Paesi che vengono considerati una minaccia per i loro fini”. E tra questi Paesi, c’è l’Italia.
La fonte ricorda anche la capacità militare di Ansar al Sharia: i nuovi adepti dell’Esercito del Califfo, sono gli stessi resisi responsabili dell'attacco al consolato americano di Bengasi del 12 settembre 2012 in cui fu ucciso l'ambasciatore Christopher Stephens. Ad accrescere la preoccupazione è anche il fatto che i gruppi jihadisti libici, rafforzati dalle cellule provenienti dal Mali, hanno a disposizione armamenti sofisticati, sottratti a suo tempo dagli arsenali dell’esercito di Gheddafi.
Le bandiere nere a Darna aggiornano e rendono ancor più stringenti le affermazioni fatte dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, nella sua audizione in Parlamento, lo scorso 9 settembre. In quell’occasione, il titolare del Viminale aveva rimarcato come l’Is rappresenti, rispetto ad al Qaeda, "una forma più aggressiva del pericolo fondamentalista".
Aggressiva e piena di soldi (2 miliardi di dollari cash, secondo il vicepresidente del Copasir Giuseppe Esposito), oltre che di uomini pronti a combattere, che nessun’altra organizzazione jihadista aveva mai avuto. L’alto livello di minaccia è stato riconosciuto anche da Claudio Galzerano, direttore della Divisione anti-terrorismo internazionale dell’Ucigos “L’Isis esercita una indubbia capacità attrattiva nei confronti della nebulosa qaedista in quanto indica un obiettivo concreto, praticato: la costituzione di uno Stato della Jihad”, dice all’Hp Andrea Manciulli, presidente della delegazione parlamentare italiana alla Nato. E per certi versi è ancora più inquietante, aggiunge, “il fatto che l’Isis tende a realizzare il pensiero di Abu Moussab al Souri, il teorico del “Lupo solitario”, il terrorista della porta accanto, quello che si addestra sul web e può colpire nell’anonimato”. Ed è stato lo stesso Alfano, il 29 settembre scorso parlando a Bruxelles, a confermare che, tra le fila dei miliziani dell’Is, ci sarebbero anche 48 uomini di nazionalità italiana.
Il radicamento dell’Is in Libia allarga il teatro dello scontro dell’Occidente, e dei suoi alleati arabi, con lo Stato islamico, rendendo ancora più nevralgica, ed esposta, la base Usa di Sigonella, principale struttura terrestre della Usa Navy nel Mediterraneo centrale, fondamentale supporto logistico della sesta flotta navale. Oltre a 550 marines di un'unità di pronto intervento ribattezzata "Bengasi", Sigonella ospita anche droni Global Hawk e Reaper. In una nuova fase della “guerra al terrorismo” targato Is, Sigonella sarà ancor più centrale e con essa l’impegno italiano. Non solo logistico, ma operativo. A questo ci stiamo attrezzando, per essere pronti alla sfida mortale lanciata anche nel Mediterraneo dallo Stato della Jihad.

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