A Hong Kong : il momento della violenza...



Gli scontri hanno segnato la fine della protesta pacifica. Quali scenari si profilano per la città?










La protesta pacifica è finita, a Hong Kong è scattata l’ora degli scontri. I manifestanti per la democrazia, al sesto giorno di occupazione delle strade del centro, i posti di blocco dei ragazzi sono stati presi d’assalto da centinaia di militanti filo-cinesi. Ci sono stati scontri e 19 feriti, di cui sei poliziotti. Diciotto le persone arrestate (otto risultano legati alle triadi). Benny Tai, il professore di diritto che guida Occupy Central, dice infatti che il governo ha mobilitato anche le triadi mafiose di Kowloon, il distretto affascinante e malfamato di fronte all’isola di Hong Kong, per intimidire e combattere il movimento pacifico di disobbedienza civile. facendo degenerare la protesta. Le violenze hanno avuto inizio dopo che gli studenti avevano aperto al dialogo, evitando di assumere posizioni intransigenti. Gli uomini d’affari e i commercianti hanno criticato i cortei che stanno “danneggiando” l’economia.  “Io non sopporto Occupy Central. Dobbiamo lavorare e fare soldi. Occupy è solo un gioco”, ha affermato un imprenditore intervistato da Al Jazeera.
Non a caso i tafferugli sono avvenuti nel quartiere Mong Kok, fulcro dello shopping cittadino. Secondo i reportage dei media internazionali, da un lato c’è chi urla “Vogliamo una vera democrazia” e dell’altro c’è chi chiede ai manifestanti di tornare a casa e far tornare le cose alla normalità. Alcune persone sono rimaste ferite e sono state trasportate in ospedale.
La tensione era comunque cresciuta con la presa di posizione del Chief Executive di Hong Kong, Leung Chun-ying, che ha respinto la richiesta di dimissioni avanzata dalla piazza. Tuttavia, il leader politico che si era detto disponibile ai colloqui con gli studenti, oggi ha pronunciato parole durissime. Le violenze rischiano di incrinare gli spiragli di dialogo, favorendo così la repressione che finora non c’era stata. E lasciando invariate la situazione nell’ex colonia britannica.
(Il Journal)

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