L'offensiva dell'Isis tra nord Iraq e Libano...



La nuova avanzata degli jihadisti: nuove città conquistate e strage della minoranza Yazidi di Sinjar



Non si ferma l’offensiva delle forze islamiste Isis (Stato islamico dell’Iraq e della Siria) che, sotto la guida di Abu Bakr al Baghdadi, a partire dal 5 giugno scorso hanno attaccato molte città irachene e proclamato la nascita del Califfato. Dopo aver preso importanti centricome Mosul, Tikrit, la provincia di Baiji ricca di petrolio ed essere arrivati a un’ora d’auto da Baghdad, a partire da sabato 3 agosto, i miliziani dell’Isis hanno iniziato la conquista di numerose cittadine del Nord dell’Iraq, provocando nuovi morti, feriti, e la fuga di migliaia di iracheni.
Le città conquistate a inizio agosto
Tra sabato 2 agosto e domenica 3, sotto il controllo dello Stato islamico finiscono due località nel Nord dell’Iraq. Si tratta di Zamar, località a maggioranza curda a Nord-Ovest di Mosul (le vittime, fra jihadisti e peshmerga, sono 87) e Kask, dove si trovano le raffinerie di petrolio. Zamar è stata conquistata dagli islamisti dopo violenti scontri con i peshmerga, i combattenti della minoranza dei curdi che abita il nord dell’Iraq. 
(Il 3 agosto i ribelli islamici attaccano a colpi di mortaio anche la zona Sud di Bagdad, uccidendo 23 persone, fra soldati iracheni e combattenti sciiti).
Nel fine settimana le milizie dello Stato Islamico prendono possesso di Sinjar e Wana, situate nella provincia di Ninive, una quarantina di chilometri a nord di Mosul, la prima città conquistata da Isis con l’inizio dell’offensiva, lo scorso 5 giugno. Martedì 5 agosto una deputata irachena della comunità Yazidi, Vian Dakhil, riferisce in Parlamento che «i miliziani dell’Isis hanno ucciso 500 uomini solo perchè appartenenti alla minoranza Yazidi, hanno fatto prigioniere 500 donne e le tengono ora in una località vicino a Tel Afar». Sinjar si trova in una zona contesa tra governo centrale iracheno e regione autonoma dei curdi iracheni. Per questo le truppe peshmerga intervengono, nella notte tra il 2 e il 3 agosto, per difenderla. Ma dopo poche ore di scontri, sono costrette ad arrendersi all’Isis. 
Lunedì 4 agosto i miliziani jihadisti bombardano il villaggio di Telkef, circa 20 km a nord di Mosul. 
La minoranza Yazidi sotto attacco
Martedì 5 agosto l’unicef riferisce che 40 bambini della minoranza Yazidi, che abita l’area di Sinjar, sono stati ritrovati morti dopo l’attacco degli jihadisti nella regione, che ospita anche numerosi esponenti della comunità sciita turkmena. Lo stesso giorno, una deputata irachena della comunità Yazidi, Vian Dakhil, aveva detto in Parlamento che «i miliziani dell’Isis hanno ucciso 500 uomini solo perchè Yazidi, hanno fatto prigioniere 500 donne e le tengono ora in una località vicino a Tel Afar».
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Sfollati della minoranza Yazidi trovano rifugio nella città irachena di Dohuk, in Iraq (Safin Hamed / Getty Images)
Mercoledì 6 agosto il ministero per gli Affari femminili iracheno conferma: a Sinjar centinaia di donne e ragazze della minoranza religiosa degli Yazidi sono state fatte prigioniere dai miliziani dello Stato islamico e ora correrebbero il rischio di essere «rese schiave». Il governo iracheno rivolge un appello alla comunità internazionale perchè adotti «misure urgenti» per salvare le sequestrate. «Abbiamo ricevuto informazioni - si legge in un comunicato del ministero degli Affari femminili - che confermano che l’Isis tiene un certo numero di donne e ragazze rinchiuse in una grande casa di Sinjar, mentre altre donne e i loro bambini sono state spostate all’aeroporto di Tel Afar, dopo che tutti gli uomini sono stati uccisi, e la loro sorte rimane ignota». 

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Concentrati nella provincia di Niniveh nel nord dell’Iraq, gli yazidi sono finiti nel mirino dei jihadisti soprattutto dopo la conquista domenica di Sinjar, dove maggiore è la loro presenza. Haydar Omer, uno degli yazidi in fuga, ha raccontato all’agenzia di stampa Anadolu che la sua comunità è stata costretta a fuggire dopo che i miliziani dello Stato islamico hanno incendiato le loro case e i loro villaggi. «Non avevamo armi per combatterli, così ce ne siamo andati e siamo venuti in Turchia», ha spiegato. Un altro yazidi, Nidal Halid, lamenta invece la mancanza garanzia di sicurezza fornita loro dai peshmerga curdi. «Molti bambini sono morti di fame e sete», ha detto. 
Scontri in corso tra peshmerga e Isis
La ripresa dell’offensiva dell’Isis nel nord iracheno ha scatenato scontri con i peshmerga, le milizie della minoranza curda che abita la regione settentrionale del Paese. Nel pomeriggio di mercoledì 6 agosto curdi e jihadisti si fronteggiano a 40 kilometri a sud di Erbil, la capitale della regione autonoma curda in Iraq. 
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La protesta di alcuni esponenti della minoranza Yazidi contro la strage degli jihadisti, ad Arbil, la capitale della Regione autonoma del Kurdistan (Safin Hamed / Getty Images)
Anche numerosi combattenti curdi provenienti dalla Siria e dalla Turchia si sono uniti alle forze Peshmerga dei curdi iracheni per respingere l’avanzata dei jihadisti dello Stato islamico (Isis) nel nord dell’Iraq. Autorità della regione autonoma del Kurdistan iracheno hanno detto che rinforzi sono arrivati dalla Siria e dalla Turchia, insieme a nuove armi. 
Le stesse fonti hanno aggiunto che oggi, mercoledì 6 agosto, le forze Peshmerga stanno avanzando verso Mosul, anche se lo Stato islamico sta ammassando nella regione un numero crescente di effettivi. Nei giorni scorsi il primo ministro iracheno Nuri al Maliki, nonostante i rapporti difficili con le autorità del Kurdistan, aveva accettato di fornire coperture aerea ai Peshmerga.
 
Il Presidente del Governo regionale curdo Massoud Barzani è intervenuto oggi dicendo: «Riprenderemo ogni centimetro di Sinjar». Barzani ha criticato anche la comunità internazionale e il governo centrale iracheno per non aver ricevuto sufficiente aiuto per fermare l’avanzata dei miliziani. «L’Iraq e le forze internazionali non hanno aiutato i peshmerga a combattere contro l’isis, e hanno addirittura impedito ai peshmerga di comprare armi per difendersi». 
 
Le forze di sicurezza irachene
 
Fonti della sicurezza irachene hanno detto che 127 miliziani dello Stato islamico (Isis) sono stati uccisi in raid aerei compiuti oggi su varie aree di Mosul. Tra gli uccisi, secondo la fonte citata dall’agenzia Nina, vi sarebbe Abu Ali Anbari, un assistente del Califfò dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi. Una fonte dei servizi di Intelligence dell’esercito ha detto che, in seguito ai bombardamenti, 300 residenti che erano stati imprigionati dall’Isis nel carcere minorile di Alahdath sono riusciti a fuggire.
 
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Una bambina appartenente alla minoranza Yazidi trova rifugio nella città irachena di Dohuk, in Iraq (Safin Hamed / Getty Images)
 
Le stesse forze della sicurezza irachena hanno imposto il coprifuoco nella città petrolifera di Kirkuk per evitare le azioni dello Stato islamico. Lo riferiscono fonti della polizia locale. Spiegando che il coprifuoco è entrato in vigore alle 23 di ieri ora locale dopo i disagi creati da presunti sostenitori dello Stato islamico, come riferiscono fonti della sicurezza all’agenzia di stampa Anadolu. Kirkuk si trova a 80 chilometri a sud di Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno vicino alla quale sono in corso scontri tra i jihadisti dello Stato islamico e i Peshmerga, come riferisce al-Arabiya.
 
Libano
Parallelamente, nei giorni scorsi le milizie jihadiste dell’Isis hanno attaccato anche la città libanese di Arsal, cittadina a 120 km a nord-est di Beirut e vicina al confine siriano. Il 5 agosto, dopo quattro giorni di combattimenti, è stato concordato un cessate il fuoco umanitario tra miliziani ed esercito libanese. Ma la tregua è stata violata già nella mattina del 6 agosto. Secondo ufficiali libanesi, sarebbero stati miliziani del Fronte al-Nusra, ritenuto legato ad al-Qaeda, e dello ’Stato islamicò a violarla per primi. 
A causa dei combattimenti, iniziati sabato scorso, sono rimaste intrappolati nell’area -nota per il sostegno alle opposizioni siriane- 40mila libanesi e 120mila rifugiati siriani. Le famiglie che sono riuscite a fuggire da Arsal denunciano che nella zona mancano cibo e medicine. Almeno 17 soldati libanesi sono morti negli scontri, in cui sono stati uccisi - stando ai media locali - almeno 50 uomini armati. Secondo le stesse fonti 22 militari e 16 poliziotti risultano dispersi e si teme siano stati rapiti. Fonti della sicurezza locale citate dal sito web del giornale libanese The Daily Star hanno confermato che 12 civili sono rimasti uccisi a causa degli scontri.
Aiuti dai Sauditi
L’Arabia Saudita ha fornito all’esercito libanese, che sta combattendo i jahidisti alla frontiera con la Siria, un miliardo di dollari per rafforzare la sicurezza. Lo ha annunciato ai giornalisti l’ex primo ministro libanese Saad Hariri a Gedda. Il re Abdallah «mi ha informato della sua generosa decisione di fornire all’esercito libanese e alla Sicurezza Nazionale un miliardo di dollari per rafforzare le sue capacità di preservare la sicurezza del Libano» ha detto il più alto rappresentante della comunità sunnita libanese dal palazzo del re situato sul Mar Rosso.
Bilancio vittime
Secondo Asa News, che riporta stime Onu, luglio è stato un mese tragico per l’Iraq, in particolare per i civili: in atti di terrorismo e violenza sono morte 1.737 persone, mentre altre 1.978 sono rimaste ferite. A Mosul, Isis ha fondato un Califfato e imposto il rispetto della sharia, la legge islamica. Qui, si pensa sia stato registrato – venerdì 6 luglio - il video con la predica di Abu Bakr al Baghdadi, capo dell’Isis auclamatosi Califfo (http://www.linkiesta.it/sermone-al-baghdadi-mosul). Da Mosul sono fuggite circa 500mila persone.
(Linkiesta)

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