Siria, gli armeni di Kessab in fuga dalla guerra...La Turchia li ha già massacrati a inizio '900. Ora li perseguita anche oltre confine. Dando sostegno ai ribelli di Assad....





di Mauro Pompili

Beirut
Ancora una volta gli armeni sono costretti a fuggire per mettersi in salvo. Recentemente hanno dovuto abbandonare le loro case a Kessab, una cittadina sulla costa siriana al confine con la Turchia, caduta in mano ai ribelli.
«Kessab è il simbolo per eccellenza della storia e della cultura per la continuità armena siriana», dice a Lettera43.itOhannes Geukjian, docente di storia armena, «la sua caduta in mano all’opposizione può segnare la scomparsa della comunità armena dall’intera zona».
POPOLAZIONE IN FUGA. La città ha una relativa importanza strategica per il controllo della frontiera con la Turchia.
I ribelli hanno preso il controllo di Kessab dopo una battaglia durata due giorni, che ha visto in prima linea gli uomini del Fronte al Nusra, legato ad al Qaeda.
Gli scontri hanno costretto la maggior parte dei più di 2 mila abitanti a rifugiarsi a Latakia, distante una sessantina di chilometri.
«Abbiamo dovuto fuggire solo con i vestiti che indossavamo, come i nostri nonni, quando fuggirono dalla Turchia», ha raccontato una donna alla televisione di Stato siriana, «non abbiamo potuto prendere nemmeno le cose più preziose, una manciata della terra di Kessab, i nostri ricordi».
LA TURCHIA ATTACCA? I profughi di Kessab hanno spiegato che, almeno all’inizio dell’attacco, i colpi di mortaio e gli spari provenivano dal confine turco. E fonti militari siriane hanno confermato che i ribelli hanno lanciato l’assalto con il sostegno esplicito della Turchia.
Le autorità turche, dal canto loro, hanno smentito con decisione.
«Le accuse che la Turchia fornisce il suo sostegno alle forze di opposizione, consentendo loro di utilizzare il suo territorio o in altro modo durante il conflitto sono totalmente infondate», ha affermato il governo turco in un comunicato.
«Dal 1900 questa è la terza volta che gli armeni sono scacciati da Kessab e rappresenta una grande sfida per la tutela delle minoranze etniche», ha dichiarato il presidente della Repubblica Armena, Serge Sarkisian.

Per gli armeni è un incubo che dura da quasi un secolo

È passato quasi un secolo dal genocidio perpetrato dai Giovani turchi, dopo la caduta dell’impero ottomano, ma il ricordo e la paura di quell’orrore accompagnano sempre il popolo armeno.
Nel 1915 circa 1,5 milioni di armeni furono trucidati, una tragedia considerata il primo genocidio del XX secolo.
Nonostante le testimonianze, le prove raccolte e il riconoscimento da parte della comunità internazionale, ancora oggi il governo turco persiste nella sua posizione negazionista.
La fuga da Kessab assume, pertanto, un profondo significato per gli armeni.
KESSAB, L'ULTIMA ENCLAVE. «È una delle aree di più antica presenza della comunità, che qui è arrivata nel XI secolo durante il regno armeno di Cilicia», spiega Geukjian, «altre zone in Siria erano antichi insediamenti armeni, ma nel corso dei secoli la maggioranza si è trasferita nelle città, come Aleppo, o è stata assimilata nella più ampia comunità cattolica, o è emigrata. Solo Kessab ha mantenuto la sua identità, in città si parla armeno».
DECIMATI DALLA GUERRA. Il 70% della popolazione della città è armena. «Quando si dice Kessab, si capisce che si sta parlando degli armeni», conferma Arpi Mangassarian di Badguer, un’organizzazione culturale armena a Beirut, «simboleggia la nostra storia e la nostra cultura».
Prima della guerra in Siria vivevano 100 mila armeni, soprattutto nella città di Aleppo e nella zona intorno a Kessab. Una minoranza rispetto ai 23 milioni di abitanti del Paese, ma una tessera significativa di quel ricco mosaico di culture e religioni, cristiane e musulmane, che costituiva il popolo siriano. Oggi si stima che non più di 15 mila armeni vivano ancora in Siria.
L'INCOGNITA SUL FUTURO. La guerra ha assunto sempre più un carattere settario, con i gruppi ribelli dei sunniti integralisti che giocano un ruolo di primo piano nella rivolta. Così, le minoranze siriane si sono strette intorno al presidente Bashar al Assad temendo per la loro sorte qualora gli estremisti arrivassero al potere.
«Che cosa sarà di noi? Non lo sappiamo», ha detto ancora la donna di Kessab alla televisione, «abbiamo paura per quello che sta accadendo».
(Lettera 43)

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