EGITTO...l’ex presidente Morsi alla sbarra...

Alla vigilia del processo contro il capo dello Stato deposto il 3 luglio scorso dopo il golpe dei militari, il segretario di Stato americano John Kerry, in visita al Cairo, incontra il presidente ad interim e le autorità egiziane. Kerry, secondo fonti presidenziali, avrebbe invitato i partner a non rinnovare lo stato d'emergenza che permette al governo vasti poteri e che scadrà il 14 novembre e ha spinto per porre fine alla repressione contro i sostenitori di Morsi.



                                      RISCHIA LA PENA CAPITALE PER INCITAMENTO ALLA VIOLENZA E OMICIDIO


IL CAIRO-n una visita lampo annunciata all'ultimo minuto il segretario di stato Usa John Kerry è arrivato in Egitto, per rassicurare il piu' popoloso paese del mondo arabo che la partnership fra i due paesi e' "vitale", che gli Usa sono amici e sosterranno la transizione democratica. Una sottolineatura che si e' resa necessaria dopo i dissapori nati alla luce della decisione di Washington di sospendere parte delle forniture militari dopo la repressione dei sostenitori della Fratellanza musulmana e che arriva alla vigilia del processo al deposto presidente e nel quale Mohamed Morsi rischia la pena capitale per le accuse di incitamento alla violenza e all'omicidio.
Nella sua visita di poche ore Kerry ha incontrato il presidente ad interim Adly Mansour, il ministro degli esteri Nabil Fahmy e l'uomo forte egiziano, il ministro della difesa Abdel Fattah el Sissi. Il capo della diplomazia Usa ha soprattutto battuto sul tempo il suo collega russo Serghei Lavrov, atteso in settimana al Cairo. Il rischio e' che l'Egitto si rivolga altrove per l'assistenza militare, come in effetti ha fatto capire Fahmy in una rara intervista concessa alla Reuters.
"L'Egitto deve sviluppare opzioni multiple" anche nelle relazioni militari, ha detto, negando che vi sia un ritorno alla mentalita' della guerra fredda. Nel colloquio fra Kerry e Fahmy, che essi stessi non hanno esitato a definire "franco e aperto", solo una parte "molto breve", ha detto il segretario di stato Usa, e' stata dedicata agli aiuti militari. Per il resto il faccia a faccia, come tutti gli altri colloqui istituzionali, e' servito all'inviato di Washinton per rinsaldare le relazioni con un alleato da sempre strategico nella regione, pur continuando a battere il tasto della necessità di avere un governo eletto democraticamente sulla base di elezioni libere ed eque, una costituzione che "protegga i diritti di tutti", inclusa la liberta' di espressione, di assemblea e di religione. Kerry ha condannato tutti gli atti di violenza e di terrorismo, affermando che a nessuno deve essere permesso di esercitarli "impunemente". La tappa egiziana del giro mediorientale di Kerry e' servita al segretario di Stato per lanciare un messaggio piu' generale alla regione, in particolare all'Arabia Saudita. Riad, tappa successiva al Cairo, da qualche tempo guarda con crescente malumore al riavvicinamento di Washington con l'Iran e alla politica Usa nei confronti del regime siriano, al punto di rifiutare il suo seggio nel consiglio di sicurezza Onu. Kerry ha assicurato che gli Usa sono "fermamente impegnati" affinche' Teheran non abbia armi nucleari e "profondamente coinvolti ne processo di pace". Sulla Siria, ha sottolineato, ci sono approcci tattici differenti, ma "nessuna distinzione sull'obiettivo finale di dare ai siriani l'opportunità' di scegliere il loro futuro". Un percorso, ha sottolineato Kerry, che non prevede la presenza del presidente siriano Bashar el Assad. Il terreno per l'arrivo di Kerry a Riad e' stato preparato. Non a caso dal Cairo, fortemente sostenuto in questo momento dai sauditi...
(Rai Giornaleradio)

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