Libano, il traffico di cannabis alimenta la guerra con Damasco...

Nella valle della Bekaa, al confine con la Siria, si produce il 4% dell'hashish mondiale. Il business è gestito da clan. Che usano i ricavi anche per eserciti privati. Ora schierati con Hezbollah e Assad....

Scontri tra clan per il controllo del territorio, traffici illegali di ogni genere, coltivazione e produzione di droga: non è la trama di un film, ma la storia della valle della Bekaa, nel Nord del Libano, lungo il poroso confine con la Siria.
Una fertile regione agricola trasformata in un centro di produzione della cannabis dagli anni caotici della guerra civile libanese (1975-1990). E che oggi, con la regione sconvolta dal conflitto di Damasco, garantisce ai clan che controllano il territorio un reddito di centinaia di milioni di dollari.
LA LINEA DEL FRONTE. Nonostante leggi severissime e l’impegno internazionale per l’eliminazione totale delle coltivazioni, la produzione dell’hashish non è infatti mai cessata. E, dopo lo scoppio della guerra, la Bekaa è diventata una vera e propria linea del fronte della guerra civile, con episodi bellici quasi quotidiani.
LO SCONTRO TRA BANDE. La miscela di fattori, in questa rara zona di verde mediorientale, è esplosiva. Le condizioni sociali, economiche e religiose alimentano infatti le tensioni, che si concretizzano in uno scontro tra bande per aggiudicarsi i proventi delle fiorenti attività illegali.
«Per noi la valle della Bekaa e un po’ come la Sicilia per voi italiani. Una terra splendida, assolata e fertile, ma infestata da clan mafiosi», ha raccontato a Lettera43.it Fayed Saadi, scrittore libanese. «È soltanto meno famosa perché nessuno ci ha mai ambientato film come il Padrino».

La tratta vale 24 milioni di dollari all’anno

La natura, l’economia e la necessità si intrecciano nelle vallate solcate da uomini armati e anziani agricoltori col viso cotto dal sole.
700 DOLLARI A CHILO. Per i contadini della Bekaa la scelta è quasi obbligata. Un ettaro non irrigato di cannabis produce circa 40 chili di hashish, che diventano facilmente 120 quando ci si può permettere il lusso di innaffiare le piante. Ogni chilo, sul mercato, può fruttare dai 400 ai 700 dollari. Per un raffronto, basti dire che lo stipendio medio libanese si aggira intorno ai 600 dollari al mese.
AIUTI MAI ARRIVATI. Al termine della guerra civile che ha infestato Beirut, nel 1993, fu distrutto quasi l’80% delle coltivazioni di stupefacenti in seguito a una campagna di riconversione.
L’operazione prevedeva finanziamenti ai coltivatori per avviare nuove produzioni. Ma i 42 milioni di dollari promessi dall’Onu, dagli Stati Uniti e dall’Europa non sono mai arrivati. Così, gli agricoltori sono tornati a coltivare cannabis e a produrre hashish in ogni casa: la raffinazione si realizza normalmente in piccoli laboratori (matbakh), annessi alle abitazioni.
IL 4% DELL’HASHISH MONDIALE. Oggi l’hashish libanese genera un giro d’affari intorno ai 24 milioni di dollari, per una produzione intorno ai 30 mila chili, il 4% di quella mondiale. Il business include anche la coltivazione di papaveri da oppio, che si trasformano in circa 3 tonnellate di eroina a raccolto. Un business redditizio e possibile solo grazie alle strette connessioni delle famiglie della Bekaa con le organizzazioni criminali europee e sudamericane, come hanno dimostrato diversi rapporti delle polizie occidentali.

I clan gestiscono il traffico e lo usano per eserciti privati

Ma non c’è solo la droga ad animare i traffici della Bekaa: auto rubate, mazut (olio combustibile usato anche come diesel), armi e immigrati clandestini attraversano le vallate e i confini tra il Libano e la Siria.
A gestire il passaggio sono i clan familiari, spesso appartenenti a fede religiosa e schieramenti politici diversi. Ma, soprattutto, dotati di veri e propri eserciti, a difesa delle coltivazioni e delle attività. E pronti a prestare i propri servizi a chiunque offra la cifra più alta.
«Non ci interessa chi vincerà in Siria e se il Paese andrà in pezzi. A noi interessa continuare ad alimentare i nostri affari», ha riferito l’esponente di una delle cosche alla stampa libanese.
I CLAN SCHIERATI CON ASSAD. La rivalità economica tra trafficanti, tuttavia, ha avuto una svolta politica e religiosa proprio con l'inizio della guerra in Siria.
Infatti, la maggioranza sciita dei clan sostengono il partito di Dio Hezbollah, che ha nella Bekaa la propria roccaforte, quindi anche il governo di Assad. Mentre i sunniti sono totalmente impegnati al fianco degli oppositori dell’autocrate.
La regione di confine è strategicamente fondamentale per le due parti in conflitto. I ribelli puntano a congiungere la regione siriana di Qalamoun con quella libanese di Akkar, a maggioranza sunnita. Hezbollah vuole fare lo stesso con le aree sciite oltre confine.
L’ESERCITO SUL CONFINE. Per cercare di prevenire l’escalation di una tensione già pericolosa il governo libanese ha schierato nella valle della Bekaa, e lungo tutto il confine, l’esercito. Il mandato è chiaro: «Le nostre forze armate non permetteranno a nessuno di sfruttare questi incidenti dolorosi per minare l'unità nazionale e le fondamenta della convivenza tra le diverse comunità nella stessa società».
Ma la polarizzazione tra sunniti e sciiti può trascinare il Libano in una nuova spirale di un conflitto sanguinoso inutile. Soltanto l’hashish cresce rigoglioso senza accorgersene.
Domenica, 07 Luglio 2013..
(Lettera 43)

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