Siria, Assad torna a parlare alla nazione. "Nessun negoziato con i terroristi"

DAMASCO - A due mesi dal suo ultimo discorso pubblico, il presidente siriano Bashar Al Assad torna a rivolgersi alla nazione, mentre nel Paese non si fermano le violenze. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, i ribelli si sono scontrati con le truppe dell'esercito nella provincia meridionale di Daraa. Violenze si registrano anche nei sobborghi ribelli della capitale Damasco. Assad aveva parlato pubblicamente l'ultima volta a novembre, in un'intervista all'emittente Russia Today, durante la quale aveva promesso che non si sarebbe dimesso. Risale invece a sette mesi fa il suo ultimo discorso.

Assad tiene il suo discorso alla Casa delle arti e della cultura, in pieno centro di Damasco, con la tv di Stato che segue l'evento e diffonde immagini di folla entusiasta. Il presidente parla con tono di sfida, affermando che il Paese non si piegherà a diktat imposti dall'esterno e che, soprattutto, non negozierà "con chi usa la violenza e con quelli che sono dietro questi fantocci dell'Occidente". Contro i "terroristi" il governo continuerà a usare la forza, garantisce Assad, che lancia un appello alla mobilitazione nazionale per combattere contro gli "estremisti". Infine, un annuncio: sarà istituita una Conferenza nazionale per redigere una nuova Costituzione che verrà sottoposta a referendum, al quale seguiranno elezioni politiche.

"Oggi ci incontriamo e la sofferenza sta travolgendo la terra siriana", le prime parole del presidente, "non possiamo aspettare che altri trovino una soluzione per la Siria", dove "la sicurezza è scomparsa dalle strade e ovunque si respira tristezza". "Solo il dialogo nazionale porterà la Siria fuori da una crisi senza precedenti", aggiunge il presidente, spiegando di non aver trovato "partner per arrivare a una soluzione politica".
"La nazione è di tutti. E tutti dobbiamo proteggerla" prosegue Assad, facendo quindi riferimento ai "terroristi", come il numero uno del regime è solito chiamare le forze popolari che da oltre due anni cercano di rovesciare il suo potere assoluto, "terroristi" che uccidono le persone "per uccidere la luce nel nostro Paese". 

Il presidente nega che in Siria sia in atto una rivolta popolare contro il suo governo e la sua famiglia. "Si tratta di una rivoluzione del popolo o di un gruppo di criminali che usano la religione per uccidere collettivamente?", chiede il presidente, dando poi la risposta: in Siria è in corso "un conflitto tra la Patria e i suoi nemici, tra il popolo e i suoi assassini". Il conflitto "non è tra governo e opposizione, ma tra nazione e nemici" aggiunge Assad, affermando che "molti terroristi non sono siriani, ma legati ad Al Qaeda" e che "alcuni dei Paesi confinanti forniscono armi ai terroristi. La chiamano rivoluzione, ma non hanno nulla a che vedere con essa. Una rivoluzione ha bisogno di pensatori, ma questo è branco di criminali".

Assad denuncia quindi il tentativo di quei Paesi confinanti di mirare a uno smembramento della Siria. "La Siria non uscirà dalla crisi senza una piena mobilitazione nazionale", avverte ancora Assad, che poi ringrazia "Russia, Cina e Iran" per il sostegno offerto, a vario titolo, al suo Paese.

Fonte: Repubblica

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