Boko Haram: dinamiche internazionali ed interne della minaccia jihadista...
Di Luca Lampugnani
Passate poco meno di due settimane dall'ultima grande offensiva di Boko Haram nel Nord della Nigeria, la Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale (ECOWAS, dall'inglese Economic Community of West African States) è intenzionata a proporre all'Unione africana (UA) la costituzione di una forza militare regionale con cui fronteggiare il gruppo jihadista. Ad annunciarlo, venerdì, è stato il presidente del Ghana, John Mahama, attuale numero uno proprio dell'ECOWAS, istituzione più volte criticata perché ritenuta poco attenta alla minaccia rappresentata dall'organizzazione che opera principalmente nello stato settentrionale nigeriano del Borno.
"Il terrorismo è come un cancro, se non ce ne occupiamo continuerà a crescere: è una minaccia che riguarda tutti nella regione. Quando si tratta di terrorismo, nessuno è troppo lontano o troppo vicino", ha spiegato Mahama nel corso di una conferenza stampa il venerdì. Aspetto, questo, che è testimoniato da alcuni attacchi oltre i confini della Nigeria portati a termine da Boko Haram, azioni che hanno colpito alle frontiere dei vicini Niger e Camerun. E anche se Yaoundé e Abuja stanno già attualmente tentando di porre un argine all'ascesa del gruppo, stando a Mahama si è ormai sempre più vicini ad un punto in cui "probabilmente dovrebbe essere presa in considerazione una forza regionale o multinazionale".
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Ovviamente, ha aggiunto il presidente dell'ECOWAS, prima di una decisione definitiva in tal senso da parte dell'Unione africana passeranno mesi, tempo in cui dovranno essere discusse le questioni chiave relative al finanziamento, alla guida e alla base operativa di tale forza. In seguito, una volta istituita, Mahama ipotizza che l'Unione africana potrebbe rivolgersi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per ottenere un mandato all'azione, come già accaduto - ricorda France 24 - per la regione del Darfur, in Sudan, nell'agosto del 2007.
Una questione internazionale
Nel frattempo, mentre in futuro sarà possibile osservare le mosse dell'Unione africana, già attualmente non mancano interventi su scala internazionale. A spingere alcune nazioni a farsi avanti - chi concretamente, chi per il momento solo con dichiarazioni e annunci - potrebbe essere proprio la già citata grande offensiva di Boko Haram lanciata a Baga, nel Nord della Nigeria, all'inizio di gennaio. Tale attacco è diventato fortemente mediatico a causa dell'enorme violenza e dell'incertezza per quanto riguarda il bilancio delle vittime, sospeso tra le centinaia e le migliaia a seconda delle testimonianze.
Ad ogni modo, proprio venerdì - a due settimane esatte dal massacro di Baga - il Ciad e il Camerun hanno annunciato congiuntamente che il primo ha avviato un dispiegamento di truppe in favore del secondo, spostamento di militari di cui attualmente non si conoscono le cifre esatte, spiega il Wall Street Journal. L'obiettivo di tale mossa potrebbe essere il tentativo di arginare il più possibile l'influenza di Boko Haram anche al di fuori dei confini nigeriani, influenza che nel più pessimistico dei risvolti potrebbe anche superare i confini più prossimi della Nigeria raggiungendo altri Paesi in cui forze di uguale estrazione jihadista non disdegnerebbero un'unione di intenti.
Intanto, mentre secondo l'agenzia Reuters Francia e Russia avrebbero in diverse occasioni affermato di voler sostenere la lotta a Boko Haram con aiuti al coordinamento e alla formazione delle forze armate e con l'invio di attrezzature, anche Stati Uniti ed Inghilterra sarebbero pronte ad un'iniziativa comune in contrasto al gruppo jihadista, opportunità ventilata dal Segretario di Stato USA John Kerry a Sofia, Bulgaria.
I guai della Nigeria
Al centro di questo quadro per il momento ancora piuttosto indefinito, una cosa è certa: l'incapacità della Nigeria di fare seriamente fronte ad un gruppo che è cresciuto - mediaticamente e sul campo - in maniera esponenziale. Come sottolineano numerosi osservatori internazionali, infatti, probabilmente considerando il molto povero Borno, per altro potenziale roccaforte dell'attuale opposizione, marginale rispetto alla vastità del paese - dove persiste una grande tendenza alla corruzione -, Abuja ha "permesso" che Boko Haram radicasse in profondità le proprie radici, accorgendosi del pericolo quando ormai era troppo tardi per eliminarlo nel giro di breve tempo.
Così, dal 2009 ad oggi, Boko Haram ha potuto svilupparsi e accrescere le proprie capacità militari e logistiche pressoché indisturbato, presentandosi poi al mondo - dopo una serie di attacchi poco seguiti all'estero - con il rapimento in massa di oltre 200 ragazze di una scuola di Chibok, nel Borno. Ora, mentre nel 2015 è lecito aspettarsi che il gruppo prosegua sulla propria strada di continua espansione nel Nord della Nigeria e - possibilmente - anche oltre confine, gli occhi sono puntati principalmente sulle elezioni nigeriane di febbraio.
Proprio l'appuntamento elettorale - come dimostra l'intensificarsi di attacchi negli ultimi giorni - è un boccone particolarmente ghiotto per Boko Haram, che nelle zone sotto il suo controllo difficilmente permetterà lo svolgimento regolare del voto.
(International Business Times)
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