Il genocidio di Srebrenica...




L'11 luglio si ricordano le oltre 8mila vittime del genocidio di Srebrenica, ferita ancora aperta nel cuore della Bosnia




Ventidue anni fa, nel cuore dell’Europa, si compiva il massacro più brutale e sanguinoso dalla fine della seconda guerra mondiale. Nel luglio del 1995, a Srebrenica, cittadina nell’attuale Bosnia ed Erzegovina, oltre 8.300 uomini e ragazzi bosniaci – in gran parte musulmani – furono sterminati dall’esercito serbo-bosniaco.
Per non lasciare traccia della carneficina, i corpi delle vittime furono smembrati e i resti furono sotterrati in diversi punti, lontano da Srebrenica. Le ossa di una delle vittime, Kadrija Music, ragazzo di 23 anni ucciso a Srebrenica, sono state trovate in cinque luoghi diversi, in un raggio di 32 chilometri.

Dal 1995 a oggi sono state ritrovate 233 fosse comuni, in cui erano stati nascosti i corpi delle vittime di Srebrenica. Oggi oltre 6mila vittime sono seppellite nel memoriale di Potocari. Di alcune sono state ritrovate solo alcune ossa, ma per i familiari è importante avere un luogo in cui recarsi a piangere e ricordare i propri cari.
Secondo l’Istituto bosniaco delle persone scomparse, mancherebbero ancora all’appello i corpi di 1.200 vittime.

La strage di Srebrenica avvenne sotto l’occhio delle Nazioni Unite e delle grandi potenze internazionali, ma nessuno intervenne. Secondo quanto rivelano nuove indagini, le tre grandi potenze occidentali all’epoca – Regno Unito, Stati Uniti e Francia – sapevano che le truppe serbo-bosniache erano pronte a commettere un massacro. I caschi blu dell’Onu si trovavano in Bosnia, in quel momento. Ma nessuno mosse un dito.

Nel 2000, in occasione del quinto anniversario del massacro, Kofi Annan – l’allora Segretario generale dell’Onu – ammise gli errori commessi dalla comunità internazionale durante la guerra in Bosnia, dicendo che la tragedia di Srebrenica “avrebbe macchiato per sempre la storia delle Nazioni Unite“.


Le testimonianze dei superstiti

Fadila Efendic è una donna bosniaca di 63 anni. Sopravvisse al massacro di Srebrenica, ma perse tutta la sua famiglia. Trascorse i primi sette anni dopo la strage in un’area della Bosnia ed Erzegovina a maggioranza bosniaca, a 95 chilometri da Srebrenica.
Alla fine del conflitto, i bosniaci furono trasferiti e allontanati dalle regioni serbe, nella speranza di far diminuire le tensioni etniche.
Fadila Efendic tuttavia ha deciso di tornare a Srebrenica: ha passato gli ultimi 13 anni a ricostruire la sua casa, distrutta dalle truppe serbo-bosniache, e ora vende macabri souvenir con la scritta Non dimentichiamo Srebrenicaall’interno del memoriale di Potocari.

“Ho scelto di tornare qui per essere vicina a mio marito, a mio figlio e al resto della mia famiglia: sono tutti seppelliti qui, anche se ci sono solo alcune delle loro ossa”, dice Efendic in un’intervista con Al Jazeera. Di suo figlio Fejzo furono trovate solamente le gambe.
“Quando sono triste, vado al cimitero e mi sento immediatamente meglio”, racconta Efendic. “Questo è il mio posto”.

Qui sotto: un video in memoria del massacro di Srebrenica, 20 anni dopo. Credit: Stefano Bandera e Stefano Sbrulli

                          

(The Post Internazionale)

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