Ecco come Kim aggira le sanzioni...




Un florido contrabbando, alimentato soprattutto dalla Cina, ha vanificato finora le sanzioni economiche imposte dalle Nazioni Unite e dalle sollecitazioni Usa.
Le tecniche e le nuove rotte del contrabbando che hanno consentito sino ad oggi alla Corea di Kim Jong-un di costruire bombe atomiche, missili, di alimentare il regime e far campare la popolazione.



Per ora la Corea del Nord spara missili e il mondo risponde con le sanzioni economiche. Risultati? In teoria il taglio dei “viveri” dovrebbero indurre Kim a più miti pretese, ma in pratica, finora, queste misure hanno funzionato poco e niente. Martedì scorso l’Onu ha votato una serie di restrizioni che dovrebbero colpire a morte le finanze di Pyongyang, costringendo il delirante dittatore a frenare sulle spese militari.
Il Prodotto Interno Lordo nordcoreano, l’anno scorso, è stato di 28,50 miliardi di dollari. Bene, le sanzioni votate ad agosto dovrebbero farlo diminuire di almeno 3 miliardi, colpendo l’export di carbone, piombo, ferro e prodotti ittici.
A questa somma vanno aggiunti altri 800 milioni di dollari, derivanti dalle sanzioni di settembre, che hanno bloccato l’export del tessile, hanno limitato le quote di lavoratori che vanno all’estero (rimesse in valuta) e, infine, hanno colpito l’import di carburanti.
Secondo David Straub (Analyst al Sejong Institute) il colpo inferto al regime è durissimo e, a lungo andare, quasi insostenibile. Dovranno essere tagliati i programmi di riarmo e, in cauda venenum, aggiunge l’esperto di affari coreani, Kim non potrà più “comprarsi” l’affetto della nomenklatura del Paese, coprendola (come ha fatto finora) di beni di gran lusso. Mentre il resto del Paese crepa di fame.
Alt, però: questo solo sulla carta. Si, perché a Pyongyang hanno trovato la soluzione a tutti i loro guai. E si chiama contrabbando. I cinesi e i russi fanno grande business con i coreani “atomici”, avendo la frontiera in comune (quella con la Russia è un breve tratto, ma evidentemente basta).
David Albright (esperto dell’Institute for Science and International Security), ascoltato dal Senato americano durante una “hearing” ha confermato che russi e cinesi se ne impipano delle sanzioni e alimentano un florido mercato nero. E i loro governi? Come se niente fosse. Sembrano girati dall’altro lato. Kim traffica carbone con le sue navi che hanno oscurato i Gps per non essere intercettate. Il fossile proveniente dalla Siberia arriva nella zona economica speciale di Rason (niente dazi) e da qui veleggia, a “prezzo politico”, verso la Cina.
Anthony Ruggero ( US Treasury Department) rivela che le transazioni, per evitare il blocco dei pagamenti, vengono fatte a Singapore, da prestanome. Un affare (con i russi) riguardante l’import di greggio è stato realizzato trasferendo, in modo indolore, la bellezza di 7 milioni di dollari.
Secondo Bruce Klingner (ex Cia e ora Heritage Foundation) sono oltre 5 mila le società commerciali cinesi che “coprono” in realtà gli interessi di Kim Jong-Un. E che, come certi negozietti napoletani, cambiano continuamente insegna, pur mantenendo lo stesso management. Il 90% del contrabbando nordcoreano passa attraverso la Cina e il resto transita per la frontiera russa. Pechino si è impegnata “a vigilare”, ma in pratica ha sempre fatto finta di niente.
Anzi negli ultimi anni ha anche fatto sparire i “libri mastri” dell’export di benzina. Certo, dopo che Trump si è imbufalito, minacciando fuoco e fiamme (in campo commerciale, è ovvio) anche i cinesi hanno dovuto abbozzare.
È stata imposta una stretta, a diversi istituti di credito, nei pagamenti da e per la Corea del Nord. A questo punto, dicono gli “strategist” della Casa Bianca, gli Stati Uniti devono scavalcare l’Onu e imporre sanzioni aggiuntive. A chi? A quei Paesi che fanno da “mediatori”, più o meno inconsapevoli.
Cina in testa. Più che di bombe atomiche, di questo hanno parlato all’Onu (a porte chiuse) gli ambasciatori Vasily Nebenzya (Russia), Liu Jieyi (Cina) e Nikki Haley (Usa). Ma dopo l’ultimo missile bisognerà riparlarne di sicuro...

(RemoContro)

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