Bruxelles: accettiamo il fatto che esiste un estremismo europeo e che gli assassini non sono "stranieri"...






di  

Ci risiamo. Mentre a Bruxelles si procede con l’identificazione dei morti e negli ospedali si tenta disperatamente di curare i feriti, la politica internazionale torna a mostrare il suo volto più buio. Il tempo del cordoglio si è esaurito in poche ore. Adesso è il momento delle accuse, del populismo e delle soluzioni approssimative volte più a racimolare voti che a risolvere un’emergenza continentale che dovrebbe essere affrontata con un piano congiunto, condiviso ed efficace.
A parole l’Europa non deve tradire i propri valori e i propri ideali: dobbiamo, tutti, continuare a vivere come abbiamo sempre fatto, senza paura, difendendo con la nostra quotidianità ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che saremo. Nei fatti però, secondo alcuni, tutto ciò si traduce con il continuare a prendere lo spritz nel bar in centro, andare al lavoro in metropolitana, fare shopping per le vie più rinomate della nostra città, nulla di più. Giusto anche questo, per carità, peccato che alla base della nostra società ci sia anche altro: la voglia di andare in giro da un posto all’altro in libertà per conoscere, vedere, sentire; la volontà di non voltarci dall’altra parte di fronte alle difficoltà altrui; il diritto di difendere ciò che siamo, anche se questo “siamo” comprende una miriade di caratteristiche diverse.
E invece, puntuali come un orologio svizzero, arrivano dai nostri politici quelle risposte alla buona che non risolvono assolutamente nulla: chiudiamo le frontiere e i mari, ripudiamo definitivamente Schengen, barrichiamoci ciascuno dentro i nostri Stati europei fatti solo ed esclusivamente di persone oneste, ligie e moderate. Cacciamo via gli immigrati, i profughi, i rifugiati e tutti coloro che non corrispondono all’identikit del perfetto europeo occidentale.
Nel frattempo però annientiamoli. Altrove. Militari in Libia, in Siria, in Iraq e ovunque ce ne sia bisogno. Basta che ovviamente che questo “ovunque” si trovi oltre i confini continentali. In parole povere: gli attentati a Parigi e Bruxelles si risolvono fermando i barconi e con le bombe in Africa e in Medio Oriente. Eccola la soluzione.
Peccato che come per i fatti di Parigi anche per quelli di Bruxelles ci sia un piccolo dettaglio: dei tre attentatori attualmente identificati neanche uno è arrivato in Belgio con un gommone, neanche uno era “straniero”: i fratelli Ibrahim e Khalid El Bakraoui che si sono fatti esplodere nell’aeroporto di Zavantem e nella metro di Maelbeek erano entrambi nati in Belgio. Najim Laachraoui, considerato l’artificiere delle stragi parigini e belghe invece no. Lui era nato in Marocco, ma era cresciuto nelle strade di Schaerbeek, a pochi chilometri da quel Parlamento Europeo che rappresenta il cuore dell’Europa, ed era di nazionalità belga. Mohamed Abrini, in fuga dal novembre scorso e, secondo gli inquirenti con un ruolo anche negli attacchi di Bruxelles, ha doppia nazionalità belga-marocchina . E poi ovviamente c’è Salah Abdeslam, arrestato pochi giorni prima delle ultime bombe. Lui è francese, naturalizzato belga. Doppiamente europeo possiamo dire.
Lo stesso elenco potrebbe essere fatto per le stragi di Parigi. Con ogni probabilità anche gli altri componenti della rete jihadista creata la scorsa estate e guidata da Abdelhamid Abbaoud (belga, morto a Saint Denis) possiedono il loro bel passaporto europeo da esibire alla prima occasione utile.
Il che in parole povere significa solo una cosa: che anche nel caso in cui chiudessimo le frontiere, anche se fermassimo ogni barcone che arriva sulle nostre coste, queste persone rimarrebbero esattamente dove sono. Nel cuore dell’Unione Europea, pronte a seminare il panico al momento più opportuno.
Perché c’è una cosa che i nostri politici (ma anche parte dell’opinione pubblica) non sembrano accettare e cioè che questi assassini, la cui giovanissima età non può far altro che colpire, sono europei esattamente come noi. Sono figli di quella stessa Europa in cui siamo cresciuti. Non sono venuti qui per farci del male, ci sono nati, hanno studiato nelle scuole accanto alle nostre (non le stesse, quello no, perché quartieri come Molembeek o le banlieu francesi sono appannaggio degli immigrati di seconda e terza generazione, è lì che li hanno confinati), probabilmente prima di cominciare ad estremizzarsi e di votarsi al Jihad bevevano le stesse birre e ascoltavano la stessa musica.
Finché continueremo a pensare che questi attacchi non vengano da noi, ma da altri, altrove, lontano, non riusciremo mai a sconfiggere proprio nulla. Dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose con in loro nome: si tratta di un estremismo europeo, nazionale, occidentale, con tanto di passaporto e cittadinanza in bella vista. Un estremismo che può avere le proprie radici all’esterno, ma che nasce, cresce e si nutre entro i confini interni.
Mentre parliamo di frontiere e attentiamo alla vita di Schengen ci voltiamo dall’altra parte rifiutando di accettare che quello che accade arriva da dentro, non da fuori.
Viene dall’Europa, esattamente come quarant’anni fa Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la Stazione di Bologna venivano dall’Italia. Pochi ricordano infatti che noi sappiamo benissimo cosa vuol dire andare in giro col rischio di saltare in aria, sappiamo cosa vuol dire crescere giovani che radicalizzandosi su un’idea attentano alla vita di altre persone con bombe e proiettili. Abbiamo capito prima degli altri che vivere in quartieri limotrifi, frequentare le stesse università e gli stessi cinema non mette al riparo proprio da nulla.
E invece sembra che ormai tutto sia stato dimenticato, che la storia delle Brigate Rosse non sia lì a dimostrarci che può essere il nostro vicino di casa ad ammazzarci per un ideale assurdo, che quelli che mettevano le bombe erano italiani figli della nostra stessa Italia.
Come ricorda l’ottimo articolo di Flavia Perina sulle Pagine de Linkiesta inoltre: “ erano tutti tedeschi con passaporto tedesco i responsabili dell'Autunno nero della Germania, che lasciò a terra morti 34 bersagli nel 1977 e nel biennio tra il ’73 e il ’75 produsse oltre 300 attentati. Tutti cittadini della Gran Bretagna, lì nati e cresciuti, quelli che nel 1972, anno clou del conflitto nordirlandese, uccisero in attentati 467 loro connazionali, facendo strage in pub, supermercati, manifestazioni e ovunque ci fosse modo di massimalizzare il danno”.
All’epoca le frontiere erano chiuse, Schengen non c’era, l’Unione Europea non esisteva. Eppure nell’80 a Bologna sono state ammazzate 85 persone innocenti , tutte morte per motivazioni simili, ma ugualmente assurde e violente, di quelle di Bruxelles, Parigi e altrove.
Nessun libro di storia dice che Renato Curcio o Alberto Franceschini avevano origini siriane o irachene. Erano italianissimi, così come gli attentatori di Parigi e Bruxelles sono europei. I nostri genitori, alla nostra età, guardavano alla tv immagini simili a quelle che abbiamo visto noi pochi giorni fa e quattro mesi fa. L’Italia ha sconfitto questa minaccia varando leggi speciali e combattendo giorno dopo giorno.
Finché ci preoccuperemo di confini, frontiere e trattati, non aggredendo quello che è il vero cuore del problema, quanto accaduto in Francia e in Belgio potrà ripetersi altre volte, con altre morti, altri feriti e altri innocenti che pagheranno errori che non hanno mai commesso...
(International Business Times)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook