YEMEN. Amnesty: “Gli houthi reclutano bambini per combattere”...





L’accusa in un rapporto pubblicato due giorni fa dall’organizzazione non governativa britannica. Giovanissimi tra i 15 e i 17 anni sarebbero stati arruolati all’insaputa delle loro famiglie e avrebbero ricevuto indottrinamento religioso “per difendere il Paese dall’Arabia Saudita”



 Gli houthi reclutano bambini per combattere in Yemen contro la coalizione a guida saudita. Ad affermarlo è un rapporto pubblicato due giorni fa dall’ong Amnesty International (AI). Secondo alcune testimonianze raccolte dall’organizzazione britannica, il gruppo ribelle avrebbe reclutato giovani tra i 15 e 17 anni nella capitale San’a all’insaputa dei loro genitori. Questi, denuncia lo studio, avrebbero scoperto soltanto in una seconda fase la presenza dei loro figli al confine saudita-yemenita dove i minorenni riceverebbero insegnamenti religiosi che li incoraggerebbero a “unirsi alla battaglia al fronte per difendere lo Yemen dall’Arabia Saudita”.
“E’ sconvolgente come le forze ribelli stiano sottraendo i figli ai loro genitori e alle loro case mettendoli in prima linea dove potrebbero morire” afferma Samah Hadid, vice direttrice dell’ufficio regionale di Beirut di Amnesty. “La gente – ha detto ad AI la giornalista yemenita Afrah Nasser – non può alzare la voce [contro di loro] perché ha paura di essere arrestata”.
Non è la prima volta che gli houthi vengono accusati di usare bambini soldato violando così il diritto internazionale. Già nel 2015, infatti, l’Onu affermò che il 72% dei minori combattenti lottava con i ribelli mentre la parte restante era sparsa tra le forze locali anti-houthi (sostenute dalla coalizione sunnita a guida saudita) e le organizzazioni jihadiste.
Non sempre però il reclutamento avverrebbe all’insaputa dei familiari dei giovanissimi. Secondo il rapporto, infatti, gli houthi promettono alle famiglie sicurezza e denaro arrivando a pagare una somma di denaro che va dagli 80 ai 120 dollari al mese se il minorenne viene “ucciso da martire” in guerra. “I bambini sono eccitati dal fatto di sparare con i Kalashnikov e indossare la divisa militare” – racconta un testimone ad Amnesty – se il figlio muore, vengono consegnati al padre della vittima per farlo stare zitto uno stipendio mensile e una pistola”.
Le reclute giovanissime non sarebbero poche. Un rapporto delle Nazioni Unite rilasciato ieri sostiene che quasi 1.500 minori sono impiegati dai vari gruppi che combattono in Yemen (la maggior parte, come detto, dagli houthi). Fra il 26 marzo 2015 (dato d’inizio dell’operazione saudita “Tempesta decisiva” nel Paese) e il 31 gennaio 2017, la portavoce del Commissario per i diritti umani dell’Onu, Ravina Shamdasani, ha riferito che sono 1.476 i bambini reclutati in guerra (tutti maschi).
Ma a parlare di Yemen ieri è stato anche Donald Trump: il presidente Usa ha infatti definito un “successo” l’attacco statunitense contro il braccio yemenita di al-Qa’eda (AQAP) avvenuto lo scorso 29 gennaio nella provincia di al-Bayda. Nel suo primo discorso pronunciato al Congresso, il neo inquilino della Casa Bianca ha poi omaggiato la vedova di William Owens, il militare statunitense noto come Ryan rimasto ucciso durante l’operazione. Sincere o meno che siano, le sue parole giungono a distanza di pochi giorni da quelle del padre di Owens il quale, intervistato nel fine settimana da un quotidiano Usa, aveva chiesto l’apertura di una inchiesta sui fatti del 29 gennaio e si era rifiutato di incontrare il presidente Usa quando il corpo di suo figlio è stato rimpatriato. “[Il segretario alla Difesa Mike Mattis] mi ha riconfermato che, e lo cito testualmente, ‘Ryan rientra in un raid di successo che ha prodotto molte [informazioni] vitali di intelligence che porteranno a ulteriori vittorie in futuro contro i nostri nemici”. Trump non ha fornito alcun dettaglio, ma un ufficiale americano ha rivelato che tra le informazioni raccolte vi sono anche i luoghi dove i qa’edisti producono esplosivi, si addestrano e reclutano.
Il “successo” dell’attacco decantato dall’amministrazione sembra però contrastare con quanto è avvenuto sul terreno: secondo alcuni rapporti, infatti, nel raid sarebbero morti anche diversi civili e gli Usa non sarebbero riusciti a catturare o uccidere nessun importante obiettivo jihadista. Dati confermati in qualche modo anche da alcuni ufficiali statunitensi che parlano di “alcuni” civili uccisi insieme a 14 miliziani. Per i medici locali le vittime sono state 30, di cui almeno 10 sono donne e bambini.
Continua il dramma dei civili yemeniti.
L’Onu ieri ha riferito che i combattimenti tra le truppe yemenite e i ribelli houthi nella città portuale di Mokha hanno costretto alla fuga circa 45.000 persone che vanno così ad ingrossare le file degli oltre 3 milioni di sfollati. Sempre ieri poi l’ong Save the Children ha accusato la coalizione saudita di bloccare la consegna di aiuti in Yemen aggravando la situazione umanitaria del Paese (già di per sé drammatica). “Le nostre squadre fronteggiano l’epidemia di colera. I bambini soffrono di diarrea, morbillo, malaria e malnutrizione. Con le giuste medicine tutte le malattie sarebbero trattabili, ma l’alleanza saudita non permette che esse entrino”. Al momento 12 milioni di yemeniti (sui quasi 19 complessivi) sono malnutriti e necessitano di urgente assistenza...
(Nena News)

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