«Spinta a disprezzare il padre» Storia di una bambina contesa...




La piccola, influenzata dalla madre, non vuole vederlo né sentirne parlare. I giudici hanno confermato il collocamento presso la madre, ma con secche prescrizioni: deve dirle la verità sul papà e farglielo vedere







Colpirne uno (di genitori che «montano» il figlio contro l’ex partner) per educare cento di quei genitori che nel processo usano i figli come ostaggi o, peggio, come clave sul genitore rivale. La sezione Famiglia del Tribunale civile di Milano sceglie la linea dura e sanziona come «offesa alla giurisdizione» l’alienazione di una madre che tacciava il padre di «disinteresse per la figlia» e lo colpevolizzava per «la conseguente reazione di rifiuto della minore».
La bimba manifesta davvero sentimenti profondamenti ostili verso il padre, non vuole vederlo né sentirne parlare, se ne sente rifiutata e ne soffre psicologicamente in maniera molto seria. Ma la consulenza tecnica, ordinata dalla presidente Laura Amato e dal giudice estensore Giuseppe Buffone, disegna tutt’altro quadro del padre: un uomo semplice e magari con modesti strumenti di relazione, ma sinceramente affettuoso verso la figlia, e anzi devastato dallo stress di un conflitto familiare scatenato dalla moglie, «alla cui versione — scoprono i consulenti — la figlia aderisce in maniera totale finendo per distorcere anche il dato reale». La bambina «assume come proprio il pensiero materno, che sul padre esternalizza ogni colpa nel tentativo di sottrarsi all’implicazione personale del fallimento del progetto di coppia». Ed è sempre la madre a «attribuire al padre modalità comportamentali» tutte «riferibili alla categoria dell’aggressività, nel tentativo di renderlo inammissibile agli occhi di una figlia piccola».
Il problema per il Tribunale è paradossalmente che, «finché la madre non darà il proprio avallo, la figlia non potrà costruire una relazione buona e fiduciosa con il padre». Di qui la scelta dei giudici di confermare per ora il collocamento della bambina — che è affidata al Comune — presso la madre, ma con secche prescrizioni: la madre dovrà favorire visite libere del padre, dare alla figlia una lettura realistica della figura paterna, e prendere coscienza dei propri distorti convincimenti sull’ex compagno, altrimenti scatterà il collocamento della figlia o presso il padre oppure in una famiglia affidataria.
Impartire prescrizioni ai genitori è un passo molto audace, e infatti i giudici milanesi danno conto che esiste una sentenza della Corte di Cassazione che dissente, e tuttavia insistono: se «è un diritto certamente di rango costituzionale la libertà personale di autodeterminazione circa la salute dell’individuo che è anche genitore», questo diritto del genitore però «incontra pur sempre un limite nel diritto del minore ad un percorso di sana crescita, diritto che trova anch’esso copertura sia a livello costituzionale interno sia a livello delle convenzioni internazionali».
Nel concludere che «la relazione tra la figlia e il papà è stata inficiata dai comportamenti alienanti della madre», il Tribunale valuta che l’alienazione genitoriale non sia una patologia clinicamente accertabile, «bensì un insieme di comportamenti posti in essere dal genitore per emarginare e neutralizzare l’altro». Comportamenti che i giudici sanzionano con la condanna della madre a pagare il doppio delle spese di giudizio (in questo caso 7.200 euro) per aver «abusato del proprio diritto» di rivolgersi al Tribunale ed essersi servita «dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume del contenzioso e ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti»...
(Corriere della Sera Cronaca Milano)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook