Lei non ha chiesto aiuto: incredibile motivazione per assolvere uno stupratore...




Non avendo urlato né manifestato nell'immediato "un'emotività riconducibile a una violenza" la donna non solo non ha ottenuto giustizia ma dovrà anche rispondere di calunnia


Claudia Sarritzu

Soltanto le parole: "No, basta" dette più volte all'uomo che la stava toccanto fanno intendere secondo il giudice che la donna in verità fosse consenziente. Non ha gridato, non ha chiesto aiuto e non ha- si legge nelle motivazioni-  "tradito quella emotività che pur doveva suscitare in lei la violazione della sua persona".

Per questi motivi il tribunale di Torino ha assolto l’uomo accusato di violenza sessuale nei suoi confronti perché "il fatto non sussiste".

Non solo, la torinese che lavorava alla Croce rossa e che aveva denunciato il collega per una serie di presunti abusi subiti sul luogo di lavoro, non ha ottenuto giustizia ma dovrà rispondere di calunnia.

Sì proprio così, la prima sezione penale infatti presieduta dalla giudice Diamante Minucci ha trasmesso gli atti al pubblico ministero non ritenendo "verosimile" la sua versione dei fatti.

Il pm Marco Sanini che ha svolto l’indagine aveva chiesto dieci anni per l’imputato, durante il processo la donna aveva raccontato tra le lacrime, che quel collega, più anziano le ricordava il padre, "persona fredda, cruda e dura" che quando era piccola abusava di lei. 

Quando le chiesero davanti alla corte come mai non avesse urlato e spinto via il suo presunto aggressore, lei ha risposto "perché con le persone troppo forti io non... io mi blocco". Le crisi di pianto avevano interrotto più volte una testimonianza sofferta, a tratti confusa, vaga nei dettagli, sia perché si tratta di fatti risalenti nel tempo – l’imputato era stato arrestato dalla polizia nel novembre 2011 – sia perché l’emozione aveva probabilmente fagocitato la lucidità del riportare dettagli.


Secondo i giudici, in quanto ha dichiarato, la teste "rimane sul vago". Ancora, la donna "non riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo". L’imputato, che secondo la versione della parte lesa l’avrebbe costretta a presunti rapporti sessuali "come pegno per poter continuare a lavorare" ed evitare turni scomodi o in luoghi come il Cie, non ha mai negato i palpeggiamenti e alcune effusioni, ma ha sempre sostenuto che la collega fosse consenziente. 

Senza entrare nel merito della sentenza. Non conosciamo la vicenda quanto i giudici, fanno però riflettere gli elementi usati nel dibattimento come metro di misura per stabilire se si tratta di stupro o meno.

Care donna dovete sperare in caso di violenza di avere la forza di urlare. Se il panico vi blocca, il vostro aggressore sarà assolto. 

Anni fa una ragazzina mi raccontò il suo stupro. Mi raccontò di un attacco di panico che le bloccò braccia e gambe, formicolio in tutto il corpo. Si ritrovò paralizzata e tremante, per tutto il tempo guardò il tettuccio dell'auto e pregò di morire. Mi disse che per questo motivo: per non aver reagito fisicamente, riportando "solo" lesioni vaginali e non i segni una colluttazione, scelse di non denunciare. Nessuno l'avrebbe creduta.

Quella ragazzina credo che abbia fatto bene. Si è evitata la seconda violenza, quella di un processo per stupro in Italia...

(Globalist)

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