Se Mosul torna a essere un inferno...






Direttore generale di Oxfam Italia

"Veniamo dall'inferno. Tantissimi nostri vicini sono stati uccisi e non riusciamo a credere di essere ancora vivi". Così una ragazza di 25 anni, accolta da Oxfam nel campo di Hassansham, raccontava lo scorso novembre gli ultimi giorni trascorsi a Mosul, mentre era in corso l'offensiva anti-Isis per la riconquista della parte orientale della città, da parte della coalizione irachena.
Come lei, altri 190 mila profughi sono riusciti a scappare dall'orrore dei cruenti scontri che purtroppo però non hanno risparmiato circa 2.000 civili che sono rimasti uccisi o feriti, nei tre mesi dall'inizio dell'offensiva iniziata il 17 ottobre. Uomini, donne e bambini che dallo scorso autunno si sono trovati di fronte alla scelta impossibile di restare nascosti nelle zone sotto il controllo dell'Isis o fuggire in mezzo al fuoco incrociato degli scontri.
Oggi, alla vigilia dell'offensiva "finale" per la riconquista della parte ovest di Mosul - che potrebbe scattare in qualsiasi momento nei prossimi giorni - centinaia di migliaia di persone si ritrovano di fronte a uno scenario anche più drammatico. Sono oltre 750 mila i civili che si trovano "chiusi" nella parte ovest di ciò che resta della seconda città dell'Iraq, con molte vie di fuga come i ponti che collegano i quartieri occidentali con quelli orientali che sono ormai distrutti o danneggiati e una situazione umanitaria in costante peggioramento, dopo il taglio dei rifornimenti per i civili verificatosi con l'inizio degli attacchi dello scorso autunno.
Noi di Oxfam lanciamo un appello alla Coalizione irachena affinché sia protetta la vita dei civili nel corso delle operazioni militari. Alle tante famiglie che potrebbero ritrovarsi intrappolate nell'inferno degli scontri - soprattutto nei popolosi quartieri della città vecchia - deve infatti esser garantita una via di fuga sicura prima che sia troppo tardi, evitando l'uso di mortai e artiglieria pesante.
Noi di Oxfam, assieme alle altre organizzazioni umanitarie al lavoro in Iraq, stiamo intervenendo nella zona a sud di Mosul dove si è concentrato il maggior numero di profughi e stiamo già predisponendo forniture di prima assistenza per 250 mila persone, nel momento in cui scatterà la seconda fase dell'offensiva su Mosul (#Savinglives).

Tanti infatti sono i civili che potrebbero essere costretti ad abbandonare le proprie case per trovare salvezza, che andrebbero ad aggiungersi agli oltre 3 milioni di sfollati causati dagli ultimi due anni di conflitto, facendo salire a oltre 10 milioni, metà dei quali bambini, il numero di persone che nel Paese hanno un disperato bisogno di aiuto umanitario. Uomini, donne e bambini che non possiamo abbandonare ora...
(L'Huffington Post)

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