Niente di nuovo sotto il cielo del Turkmenistan: Berdimuhammedov terrà il paese in pugno per il resto della vita...





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La Corea del Nord è notoriamente uno dei Paesi meno accessibili, sono pochissime le informazioni che riescono a filtrare dal Paese asiatico: nella classifica di Reporters sans frontières sulla libertà di stampa, la Corea del Nord è penultima, alla 179esima posizione. Pochissimo conosciamo della Corea del Nord, ma ancora meno sappiamo del Paese posizionato appena sopra, il Turkmenistan.
Come molti Paesi dell’ex Unione Sovietica, sappiamo che il Turkmenistan ottenne l’indipendenza nel 1991 e sappiamo che il vecchio segretario del Partito Comunista e già presidente del Soviet Supremo, divenne presidente del Paese dopo l’indipendenza. Come spesso è accaduto in questa porzione di mondo, anche qui il vecchio leader Niyazov rimase in carica fino alla morte, per essere sostituito solo nel 2006 da Gurbanguly Malikgulyyewich Berdimuhammedov.
Con il dittatore nordcoreano, il nuovo presidente turkmeno non condivide solo un cognome quasi impronunciabile, ma anche un esagerato, quasi parossistico culto della personalità che lo ha portato, qualche anno fa, a farsi erigere, nella capitale Ashgabat, una statua d’oro alta più di 6 metri che lo raffigura a cavallo di un destriero. Se Kim Jong-un è per i nordcoreani il “leader supremo”, Berdimuhammedov è divenuto per tutti i turkmeni “il protettore”.
Qualche giorno fa si sono svolte le elezioni presidenziali e naturalmente Berdimuhammedov le ha vinte nuovamente, con il 98% delle preferenze. Questa volta vi erano anche altri otto candidati ed addirittura quello del presidente non era l’unico partito in lizza, ma le elezioni hanno avuto ben poco di democratico: gli altri otto contendenti erano candidati-fantoccio, quasi sconosciuti, praticamente mai apparsi in televisione e considerando le preferenze ottenute da Berdimuhammedov, con ogni probabilità, i candidati non sono riusciti neanche a convincere sé stessi a votarsi. Amnesty International in una nota di qualche tempo fa scriveva: “Il presidente Gurbanguly Berdymukhamedov è al timone di un governo che mantiene la popolazione in una morsa di paura. La sorveglianza è diffusa e il dissenso è raro, le poche voci che osano parlare rischiano la propria sicurezza e quella dei loro parenti.” È estremamente critico il quadro dei diritti umani e l’operato delle forze di polizia è spesso arbitrario e violento: secondo Human Right Watch il Turkmenistan è uno dei paesi più repressivi al mondo.
Nonostante il presidente ed i suoi sodali riescano ad avere un controllo quasi assoluto su tutti gli aspetti della vita pubblica, per evitare qualsiasi imprevisto, Berdymukhamedov ha ritenuto comunque di modificare la costituzione, eliminando il limite di 70 anni per la carica presidenziale ed estendendo il mandato da cinque a sette anni, garantendosi praticamente il potere a vita.
Nella Costituzione turkmena, all'articolo 6 (forse unico Paese al mondo), è sancito il principio di neutralità permanente del Paese. Neutralità e non allineamento sul piano internazionale interpretati ad Ashgabat come assenza assoluta di relazioni. II Turkmenistan è un Paese quasi totalmente isolato: difficile entrare, ma soprattutto molto difficile uscire. Culturalmente vicino alla Turchia, ha relazioni difficili anche con Mosca.
Sotto il profilo economico, il Turkmenistan è un Paese essenzialmente agricolo: come per il vicino Uzbekistan la coltivazione del cotone è rilevante (è uno dei maggiori produttori mondiali) e come in Uzbekistan si segnalano pratiche diffuse di lavoro forzato. Il Turkmenistan poggia comunque la propria bilancia commerciale, più che sull’esportazione di cotone, che vende per la gran parte alla Turchia, sulla produzione ed esportazione (quando ci riesce) di gas naturale e petrolio: possiede enormi giacimenti di gas, ma riscontra grossi problemi di commercializzazione. La mancanza di relazioni internazionali e l’isolamento in cui il Paese si è chiuso rendono difficili anche le relazioni economiche ed individuare sbocchi commerciali diviene sempre più difficile: esporta infatti la quasi totalità del gas naturale in Cina. La Russia ha già chiuso le porte al gas turkmeno e così rischia di fare anche l’Iran dopo contrasti sul mancato pagamento di una fornitura.
Il Turkmenistan è il quarto Paese al mondo per riserve di gas naturale, ma la politica isolazionista, funzionale alla conservazione del potere, non ha permesso di costruire relazioni commerciali e nonostante il tesoro nel sottosuolo non ha amici a cui venderlo. Chi sa se nel prossimo futuro riuscirà a trovarne. E la Corea del Nord è troppo lontana, almeno geograficamente...
(International Business Times)

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