Come si vive in un campo profughi d’inverno...




Le foto delle migliaia di persone ferme in Grecia e in Serbia, fra mille difficoltà dovute alla neve e al freddo

                                                                           (AP Photo/Darko Vojinovic)

(Il Post)
L’arrivo dell’inverno e della neve ha peggiorato le condizioni di vita di centinaia di persone richiedenti asilo rimasti in Serbia e Grecia dopo aver provato a percorrere la cosiddetta “rotta balcanica” fra il 2015 e il 2016. In Grecia sono rimaste circa 62mila persone, dopo che la maggior parte dei paesi balcanici ha deciso di chiudere le frontiere; la rotta è stata formalmente chiusa con l’accordo fra Commissione Europea e Turchia nel marzo 2016. In Serbia, uno dei paesi balcanici più permissivi e accoglienti nei confronti dei migranti, migliaia di persone stanno aspettando di fatto che le frontiere vengano riaperte: almeno duemila di loro vivono in un’area industriale abbandonata a Belgrado, in pessime condizioni igieniche. In questi giorni le condizioni dei migranti in Grecia e Serbia sono state documentate dalle agenzie fotografiche, che hanno visitato accampamenti e centri provvisori in entrambi i paesi.
Serbia Europe Migrants WeatherUn gruppo di migranti in coda per il cibo in un campo informale in una zona industriale di Belgrado, Serbia, 10 gennaio 2017 (AP Photo/Darko Vojinovic)
In Grecia, soprattutto al nord, le temperature sono molto rigide da settimane. Il guaio è che nonostante diverse migliaia di migranti vivano nei campi ufficiali, e quindi siano in qualche modo tutelati, molti vivono in accampamenti informali spesso senza acqua o elettricità. Già a dicembre l’UNHCR – l’agenzia ONU per i rifugiati – era riuscita a sistemare circa 19.500 persone dai campi ufficiali in hotel o appartamenti, ma alcune situazioni rimangono critiche: per esempio a Lesbo, dove rimangono circa 5.500 migranti e che recentemente è stata interessata da forti nevicate.
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Un uomo accanto a tenda coperta di neve nel campo di Moria, Lesbo, 7 gennaio 2017 (STR/AFP/Getty Images)
Poco meno di un migliaio di persone abita ancora nelle tende dell’accampamento principale, quello di Moria: lunedì il governo ha provato a sistemarli in alcuni alberghi locali trattando con un’associazione che li rappresenta, ma gli albergatori hanno rifiutato la proposta del governo. Parlando col Guardian, un portavoce del governo greco ha spiegato che i migranti in questione dovrebbero essere spostati nei centri attrezzati sul continente. I richiedenti asilo presenti in Grecia stanno ancora aspettando di trasferirsi in altri paesi europei per mezzo di un programma speciale di ricollocazione volontario previsto dagli accordi fra Commissione Europea: a oggi sui 63.302 trasferimenti previsti ne sono stati applicati 7.280.
A novembre l’UNHCR aveva stimato che in Serbia ci fossero ancora 6.000 migranti. Il governo serbo ha detto che nell’ultima settimana ha convinto circa 400 persone ad abbandonare i campi informali per trasferirsi in quelli ufficiali, ma nemmeno lì le condizioni sembrano essere adeguate: Lydia Gall, una ricercatrice della ONG Human Rights Watch, a inizio gennaio ha detto ad al Jazeera che nei campi governativi non venivano forniti «oggetti essenziali» come giacche per ripararsi dal freddo.
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Un uomo cerca di tagliarsi la barba in un campo informale a Belgrado, 11 gennaio 2017 (Srdjan Stevanovic/Getty Images)
Fino a pochi giorni fa la situazione era piuttosto grave in alcuni ex capannoni industriali e depositi ferroviari di Belgrado, dove sono sorti degli accampamenti informali in cui le autorità serbe si limitano a prestare limitata assistenza. In uno di questi accampamenti nella notte le temperature sono scese fino a -15°C.
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Un gruppo di migranti cerca di riscaldarsi all’interno di un ex magazzino a Belgrado, Serbia, 8 gennaio 2017 (OLIVER BUNIC/AFP/Getty Images)
Mirjana Milenkovski, una portavoce locale dell’UNHCR, ha detto che «stiamo lavorando per aiutare queste persone». Molti provengono da Afghanistan e Pakistan, e temono che se si trasferiranno nei centri ufficiali verranno rispediti al loro paese: non è chiaro quanti di loro accetteranno l’offerta del governo serbo di trasferirsi nei campi ufficiali.

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