#Yemen, la guerra per procura tra Iran e Arabia Saudita...




Una guerra che non ci scarica profughi in casa e che anche per questo resta lontana dalle nostre sensibilità, ma un guerra che potrebbe diventare la nuova Siria delle tensioni internazionali, ed allora dovrebbe interessarci per davvero



La sola cosa che nell’abbandonato Yemen sembra destinata a salire è la conta dei morti. Dall’inizio della campagna militare della coalizione arabo-sunnita guidata dall’Arabia Saudita per riportare al stabilire al potere il deposto presidente Hadi, le vittime sono state 7mila, di cui circa 4.000 civili. Poca cosa rispetto al dramma Siria? Proviamo a contarli uno per uno quei settemila morti, sette volte mille cadaveri di povera gente spesso straziati da ordigni e violenze varie. Numeri inquietanti che continuano a crescere nel silenzio dei media e della politica internazionale che sembra di non voler prendere sul serio questa crisi soltanto apparentemente ‘locale’.
Eppure questa è una guerra per procura in cui si scontrano due tra i maggiori Paesi musulmani, Iran e Arabia Saudita, per interessi strategici ed economici, come accade in ogni guerra, ma vestiti da scontro tra islam sunnita maggioritario nel mondo arabo, e islam sciita a guida non araba. E può diventare qualcosa di molto peggio nel nome di Allah. Ma sono gli stessi interessi strategici ed economici in gioco -petrolio e gas, commercio, vendita di armi- che impediscono a Stati Uniti, Unione Europea e alla stessa Russia di imporre veri negoziati di pace. Tutti a cercare affari con ambedue i contendenti, e che il massacro in quella terra infelice continui pure.
Salvare il popolo yemenita dal massacro non è priorità, ed ecco che da un lato Riad continua a bombardare dall’alto città e villaggi in mano agli Houthi, centrando postazioni dei ribelli e assieme scuole, ospedali e mercati. Dall’altro lato gli Houthi che resistono a Sanaa e in buona parte dello Yemen occidentale, forti del sostegno economico e militare garantito loro da Teheran. Per questo nessuno aveva creduto al cessate il fuoco ottenuto in Oman dal segretario di Stato Usa uscente John Kerry. Ma non sarà Obama il pacificatore, e questa guerra la dovrà gestire Trump, che in campagna elettorale non aveva espresso intenzioni amichevoli nei confronti dell’Iran.
Si tornerà dunque all’Iran degli Ayatollah comunque cattivi e all’Arabia Saudita dei monarchi petroliferi buoni anche se un po’ medioevali e disumani? Vedremo presto. Nelle ultime settimane le navi da guerra americane nello stretto di Bab el-Mandeb, nel Mar Rosso al largo delle coste yemenite, hanno dovuto rispondere più volte al fuoco degli Houthi (armati da Teheran). Mentre i rapporti Usa con l’alleato saudita appaiono litigarelli nella forma (denuncia a mezzo stampa dei raid aerei indiscriminati sullo Yemen), ma che si concretizzano con miliardi di nuove forniture militari che Washington garantisce con regolarità all’esercito di Riad, perché gli affari sono affari.
In questo non interventismo internazionale di comodo, o una guerra totale e incontenibile interna al modo musulmano tra coalizioni sunnite, e contro alleanza sciite, e saremmo molto vicini alla fine del mondo. In questo scenario, per lo Yemen devastato dalla guerra per procura tra Iran e Arabia Saudita, si prepara un futuro di Paese diviso: da una parte il nord sciita con capitale Sanaa; dall’altra il sud con capitale nella separatista Aden, dove ormai si è trasferito in pianta stabile quel che resta del governo del presidente deposto Mansour Hadi. Salvo poi stare ad osservare dove le tensioni tra i due contendenti islamici troveranno modo di scaricarsi...

(RemoContro)

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