Serbia, centinaia di migranti in marcia sotto la pioggia verso la Croazia: "Aprite le frontiere"...
Il viaggio al freddo lungo l'autostrada scortati dalla polizia e dall'assistenza umanitaria della Croce Rossa
di ANDREA TARQUINIBELGRADO - Sono in centinaia, in maggioranza afgani o pakistani o di altri paesi disperati. Non hanno nulla da perdere fuorché le loro catene, e allora nonostante il maltempo - freddo e pioggia - che investe i Balcani si sono messi in marcia. Verso l'Europa terra promessa, e il Paese che li ospita li aiuta con ogni mezzo e sforzo umanitario.
Hanno lasciato venerdì mattina la capitale dell'ex Jugoslavia, dove pure autorità, militari, croce rossa e ong avevano offerto loro degni alloggi d'emergenza, a caro prezzo per un Paese ora in rilancio ma ancora ferito dalle guerre e ancora non membro della Ue. Al contrario di Ungheria e Polonia che dalla Ue incassano miliardi di aiuti ma a cui rifiutano ogni solidarietà sui migranti.
Hanno deciso d'incamminarsi a piedi, lungo l'autostrada che fu costruita ai tempi epici del maresciallo Tito e univa Belgrado a Zagabria e Lubiana, simbolo dell'unico paese governato da un partito comunista che concedeva libertà di viaggio, accoglieva i turisti senza chicanes. Simbolo anche del motto partigiano e poi federale 'bratstvo i jedinstvo', fratellanza e unità.
Marciano sotto la pioggia, al freddo, uomini e donne, vecchi e bambini. Alcuni spingono carrozzine o sedie a rotelle. Il vento frusta i loro volti. I giovani che guidano il corteo della lunga marcia dei 'dannati della terra' verso l'Europa issano striscioni in più lingue: "Vi preghiamo, apriteci le frontiere", "fermate le guerre nei nostri paesi e torneremo a casa".
La Serbia, che dopo la costruzione del Muro del leader ungherese Viktor Orbàn e i duri controlli confinari croati e austriaci si è accollata il peso di accogliere ospitare e assistere oltre centomila migranti (su appena 7 milioni di cittadini serbi), non li lascia soli. Jeeps e camion del Vojsko Srbije, il piccolo ma motivato esercito nazionale, automezzi della croce rossa e della polizia, gruppi delle ong giovanili di Belgrado (gli eredi della rivoluzione giovanile che dopo la guerra perduta contro la Nato rovesciò il dittatore Slobodan Milosevic) li aiutano, dànno loro cibo coperte e medicine, stanno ben attenti a proteggerli
I più anziani o deboli tra i partecipanti alla marcia dei disperati, esausti, si sono fermati nel villaggio serbo di Pecinci, e la gente e il sindaco hanno aperto loro le porte per un tetto e un locale e un pasto caldi...(R.it Esteri)
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