Radio Maria riceve finanziamenti pubblici dallo Stato "peccatore" che ha approvato le Unioni Civili...





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Immaginate di finanziare lautamente una radio privata che trasmette un messaggio del genere: “Il terremoto è il castigo divino per le unioni civili”. E ancora: “Dal punto di vista teologico questi disastri sono una conseguenza del peccato originale, sono il castigo del peccato originale, anche se la parola non piace. Arrivo al dunque, castigo divino. Queste offese alla famiglia e alla dignità del matrimonio, le stesse unioni civili. Chiamiamolo castigo divino”.
Immaginate che a pronunciare queste parole non sia stato un uomo qualunque in preda a un delirio derivante da abusi vari ed eventuali, ma un prete, Padre Giovanni Cavalcoli,  che dopo aver diffuso radiofonicamente i propri anatemi su Radio Maria ha pensato bene di ribadirli anche su Radio 24, giusto per essere sicuro che l’opinione pubblica non pensi che si sia pentito di quello che ha detto: "Confermo tutto - ha ribadito -  terremoti provocati da peccati dell'uomo come le unioni civili". "Il Vaticano? Si ripassino il catechismo", ha aggiunto intervistato dalla trasmissione la Zanzara.
Non importa nemmeno che il Vaticano, cui a livello teorico qualunque esponente della Chiesa Cattolica dovrebbe fare riferimento, si sia pesantemente dissociato da queste affermazioni, né che Radio Maria abbia deciso di sospenderlo. Lui ne è proprio sicuro. Chi se ne frega della scienza, della natura geologica dell’Italia, dell’Appennino e delle faglie, la colpa è di “Sodoma e Gomorra”, i geologi si trovino un altro lavoro più sensato.  E non è nemmeno sbagliato che sia così, perché “peccati come l'omosessualità meritano il castigo divino."
Una volta che avete immaginato tutto ciò, mettetevi seduti e accettate non solo che stiamo descrivendo un fatto realmente accaduto, ma anche che per trasmettere simili dichiarazioni Radio Maria riceve, annualmente, dallo Stato fior fior di quattrini sotto forma di contributi pubblici. Vale a dire, neanche a dirlo, che sono soldi nostri, i meravigliosi e peccaminosi contribuenti italiani, pure quelli che considerano giusta la legge Cirinnà e che vorrebbero andare ben oltre le Unioni Civili. Ma andiamo con ordine.
Radio Maria: un po’ di dati
Avete presente le battute sul fatto che il segnale di Radio Maria arrivi ovunque compresi bunker, caverne, sottomarini e via dicendo? Ecco forse non è proprio una “battuta”.
La radio cattolica per eccellenza nasce nell’1982 ad Erba e cinque anni dopo passa sotto la gestione dell’Associazione Radio Maria Aps, un ente morale con sede nella stessa città.
In base a quanto si legge sul suo stesso sito, la radio possiede “850 ripetitori FM,  circa il doppio delle altre reti nazionali private, raggiunge l'intero territorio italiano“. Non solo “Attualmente sono 76 le Radio Maria attive nei vari continenti e, nel frattempo, non cessano di pervenire richieste da nuove nazioni, alle quali non sempre è possibile rispondere”.
Insomma, Radio Maria non conosce crisi anzi, in base agli ultimi dati disponibili, è presente in 59 Paesi del mondo tra America, Europa, Africa, Asia e Oceania, più una radio una gemellata in Libano.
A dirigerla, dal 1985, c’è Padre Livio Fanzaga, lo stesso che lo scorso 3 febbraio, dopo l’approvazione della legge sulle Unioni Civili, paragonò la senatrice Monica Cirinnà alla “donna del capitolo diciassettesimo dell'Apocalisse, la Babilonia" (semplificando: gli diede della prostituta) ricordandole che “sarebbe arrivato anche il suo funerale”.
Radio Maria: come si finanzia?
Secondo quanto si legge nella sezione “Sostienici” presente su www.radiomaria.it , l’emittente “Non trasmette nessun messaggio pubblicitario e può vivere solo con le offerte dei suoi ascoltatori”. Nemmeno un euro arriva dalle istituzioni cattoliche, benché “I costi di Radio Maria, nonostante il grande apporto del volontariato, sono elevati” a causa proprio della sua enorme diffusione.
A garantire la sopravvivenza della radio sarebbero dunque i fedeli ascoltatori che la appoggiano mediante il 5 per mille, o effettuando donazioni tramite: Donazione periodica - SEPA, carta di credito, via internet, telefono o PayPal, bollettino postale, bonifico bancario, banco posta on-line, tabaccai, offerte dall'estero e addirittura un servizio postale a domicilio .
In base a quanto si legge nel rendiconto gestionale del bilancio sociale 2015: l’anno scorso Radio Maria ha potuto contare su 18.816.895 euro di erogazioni liberali da parte dei propri sostenitori, cui si aggiungono 1.136.244 euro derivanti dal 5x1000 e 313.092 euro provenienti da (citiamo testualmente) “enti pubblici - contributi radio comunitarie nazionali)”. Tradotto in parole povere: lo Stato. Perché Radio Maria non riceve finanziamenti dalle istituzioni cattoliche, ma dallo Stato italiano? Ve lo spieghiamo subito.
Radio Maria: 18 anni di finanziamenti pubblici
Radio Maria è una delle due radio che ricevono annualmente i contributi pubblici "speciali", ovvero destinati alle radio "comunitarie" (l'altra è Radio Padania).
Facendo riferimento ad una relazione pubblicata dalla Corte dei Conti il 30 dicembre 2015, passiamo alle cifre: 779mila euro per il 2011, 730mila per il 2012, 581mila euro per il 2013. Nel triennio si arriva a 2 milioni e 90mila euro.
Leggendo i bilanci sociali pubblicati dall’emittente religiosa, scopriamo che per il 2015, come detto sopra, i contributi pubblici sono stati pari a 313.092 euro, mentre per il 2014 si arriva a 386.906 euro.
Ma torniamo alla domanda posta in precedenza sui finanziamenti pubblici a Radio Maria. Il motivo risiede nella legge n. 448 del 1998 (all'articolo 52 comma 18) che stabilisce un sostegno economico in favore degli operatori del settore radiofonico e televisivo, e nella legge n. 350 del 2003, che all'articolo 4 comma 190 stabilisce un regime speciale per le "emittenti nazionali comunitarie".
Scendendo nel dettaglio, in base alla legge, le “emittenti nazionali comunitarie” ricevono dei contributi statali. Per “comunitarie” non si intende europee, ma il termine distingue queste radio dalle altre che hanno fini di lucro.
Le suddette radio comunitarie ricevono il 10% dei contributi destinati alle emittenti locali. Questo 10% è suddiviso equamente tra Radio Maria e Radio Padania, le uniche due radio “comunitarie” nazionali.
Unica condizioni per ricevere i soldi è essere in regola con il pagamento del canone, “calcolato nella misura dell’1 per cento del fatturato annuo, dovuto per l’esercizio dell’attività radiofonica”.
Si evidenzia che, come sottolinea la Corte dei Conti, Radio Padania riceve contributi in quanto emittente nazionale comunitaria, ma trasmette solo in nove regioni del Paese, quindi non si capisce, nel caso specifico, nemmeno dove sia il carattere “nazionale.”
Ovviamente entrambe le radio non svolgono alcun servizio pubblico, non hanno nulla a che fare con lo “Stato”, hanno finalità e caratteristiche totalmente diverse ma vengono comunque finanziate dai contribuenti italiani.
Verrebbe da chiedersi non solo quale sia il motivo, ad oggi, di questi contributi da parte dello Stato, ma anche come mai l’emittente accetti dei soldi dallo stesso Stato che ha approvato le Unioni Civili causando terremoti a ripetizione. Ma forse è meglio lasciare stare...
(International Business Times)

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