La più vecchia centrale nucleare al mondo a 4 ore da Milano...




STOP VECCHIE CENTRALI NUCLEARI, REFERENDUM IN SVIZZERA –
Divieto a costruirne di nuove e limite a 45 anni di attività per quelle esistenti, visto che in casa hanno la centrale nucleare più vecchia al mondo, quella di Beznau, in attività da ben 47 anni. Il più vecchio reattore al mondo ancora in funzione si trova a pochi chilometri da Zurigo e Basilea e a quattro ore di auto da Milano. Resta il problema energia che, come accade in Italia, mancando quella di produzione propria, dovrebbe essere comprata dall’insicuro nucleare francese.

Di 
Ennio Remondino


La più vecchia centrale nucleare al mondo ancora in attività si trova in Svizzera, a Beznau, ha 47 anni di servizio, dal 1969, e li mostra tutti. Adesso è ferma da diciotto mesi per ‘cure straordinarie’, ma potrebbe anche ripartire, nonostante l’età. 47 anni di servizio sarebbero troppi anche per la legge Fornero. E sono troppi per i Verdi elvetici che hanno promosso un referendum al voto oggi, per vietare la costruzione di nuove centrali nucleari e limitare il periodo di attività di quelle esistenti a un massimo di 45 anni. Poi il pensionamento.

                                              Contestazione di ambientalisti alla centrale di Beznau

Va detto che tutte le centrali svizzere dispongono di una licenza d’esercizio illimitata e potrebbero restare attive finché sono sicure. E questo è il punto al quale i promotori dell’iniziativa vogliono opporsi. Se ci sarà una maggioranza di ‘sì’, tre centrali saranno chiuse già nel 2017, un’altra nel 2024 e l’ultima nel 2029. Il governo elvetico ha proposto un abbandono graduale del nucleare. Vale a dire che, una volta spente (ma senza una scadenza prefissata) le centrali esistenti non potranno essere sostituite da nuove.
Rischio ‘black out’ in caso di un’abbandono ‘accelerato’ dal nucleare senza che possa venire garantito l’approvviggionamento di elettricità da fonti rinnovabili, replica il governo. E quindi la Svizzera dovrebbe importarne in quantità elevata nei prossimi anni. Situazione italiana ed argomento delicato nel momento in cui la vicina Francia ha fermato diverse centrali nucleari perché poco sicure. Nel 2011, all’indomani dell’incidente di Fukushima, il governo elvetico aveva annunciato la rinuncia progressiva al nucleare in favore delle fonti rinnovabili.
I cinque reattori nucleari attivi sono tutti concentrati in zone densamente popolate della Svizzera tedesca. Beznau I, il più vecchio reattore al mondo ancora in funzione, si trova a pochi chilometri da Zurigo e Basilea e a quattro ore di auto da Milano. La centrale di Mühleberg, 1972, è vicinissima a Berna e suscita preoccupazioni dagli anni ’90 a causa di alcune crepe comparse nell’involucro del nucleo. Chi vive nel raggio di 50 chilometri dai reattori riceve a casa delle pastiglie di iodio da assumere in caso di incidente come forma di prevenzione per il cancro alla tiroide.
Il “Rapport sur la vulnérabilité de la Suisse” dell’Institut Biosphère fa una classifica di 194 centrali nucleari del mondo secondo la loro pericolosità per i Paesi che le ospitano. Secondo la classifica, anche Stati poco estesi, come l’Olanda, sono riusciti a tenere lontane le centrali nucleari dalle maggiori città. Invece, le 4 centrali nucleari svizzere sono tra e prime al mondo per «messa in pericolo della popolazione». Tra le 194 centrali analizzate, Beznau, è la quarta più pericolosa del mondo, preceduta da Jihshan e Kuosheng, centrali di Taiwan, e dalla famigerata centrale nucleare armena di Metsamor, d’epoca sovietica realizzata in un’area ad elevato rischio sismico.
Nuclearisti non gentiluomini. L’Axpo, società che possiede gli impianti di Beznau, ha annunciato una maxi richiesta di risarcimento danni da 4,1 milardi di franchi (circa 3,8 miliardi di euro) da chiedere alle casse pubbliche in caso di vittoria dell’iniziativa ambientalista. Sulla stessa scia, la società Alpiq, che detiene alcune partecipazioni nelle più moderne centrali di Gösgen e Leibstadt, ha dichiarato in un comunicato che “l’accettazione dell’iniziativa ‘Uscire dal nucleare‘ si tradurrebbe in un danno economico di circa 2,5 miliardi”, ovvero circa 2,3 miliardi di euro.
Costi certi quelli per lo spegnimento e soprattutto per lo smaltimento del materiale nucleare. Il tema del “cosa ne facciamo dopo” resta un vero rompicapo per la Confederazione, che non ha ancora individuato il sito dove smaltire le scorie. C’è un progetto per realizzare un deposito dove seppellire il materiale altamente radioattivo a 600 metri di profondità nel sottosuolo, ma non si sa ancora dove farlo, e comunque non sarà pronto prima del 2060. Nulla a confronto del quasi milione di anni necessari all’uranio sotterrato per non uccidere più.

In Svizzera il problema se lo pongono a centrali ancora in funzione. In Italia ne stiamo parlando da quasi 30 anni senza ancora aver deciso il finale. Dal referendum abrogativo del 1987 indetto in seguito al disastro di Chernobyl che decise la chiusura delle centrali atomiche in Italia. Da allora lo smantellamento delle centrali non è ancora finito. E’ affidato alla Sogin, società statale responsabile del ‘decommisioning’ degli impianti nucleari italiani che doveva far tutto in una decina d’anni e non è neppure a metà dell’opera. Ma peggio, il governo non ha ancora individuato il sito dove realizzare il deposito nazionale unico. Lo aveva promesso per un anno fa...

(RemoContro)

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