Quel taglio alle donne che impedisce all'Africa di diventare grande. Gli uomini dicano basta...







Direttore generale Amref Health Africa – Italia


La prima volta che ho sentito parlare di mutilazioni genitali femminili (Fgm) è stato nel 2008, all'inizio del mio lavoro in Amref.
Già il lessico contiene la durezza dell'atto. La "semplice" parola mutilazioni porta in sé una carica di dolore, rabbia e annullamento che difficilmente si può superare o mettere da parte e continuare a vivere.
In tutto il mondo, si stima che almeno 200 milioni di ragazze e bambine abbiano subito mutilazioni genitali femminili. Tra queste bambine, perché di bambine si tratta, 44 milioni non hanno più di 14 anni. È un tema che fa paura, che colpisce lo stomaco e il cuore. Nel solo Kenya, 100.000 bambine subiscono le mutilazioni genitali ogni anno. In questo stesso paese, dal 2009 Amref favorisce e sostiene i Riti di passaggio alternativi, per proteggere le più giovani dalle Fgm, dai rischi psico-fisici che queste comportano, dai matrimoni precoci. A differenza del tradizionale rito di passaggio, durante il quale le ragazze subiscono il "taglio", simbolo del loro ingresso nell'età adulta, la variante di Amref elimina la cruenta pratica e introduce attività di promozione dell'istruzione e formazione sulla salute sessuale e riproduttiva. Attraverso i Riti di passaggio alternativi, Amref ha già salvato a oggi 10.500 ragazze.
Tutto questo è stato possibile anche grazie alla presenza di Nice, una operatrice di Amref che ora è diventata la nostra ambasciatrice contro le mutilazioni genitali femminili.
Rimasta orfana di entrambi i genitori, Nice fu adottata da una zia. A nove anni riuscì a salvarsi dalla mutilazione fuggendo da casa. Unica voce fuori dal coro in una tribù dominata da uomini, Nice iniziò la sua opera di sensibilizzazione sui pericolosi effetti delle mutilazioni genitali presso gli anziani della tribù e presso i Moran, i giovani guerrieri destinati a sposare le bambine e le ragazze dei villaggi Maasai. Nel 2008 i capi del suo villaggio la scelsero come educatrice di comunità. Da quel momento, il suo impegno per la difesa delle bambine e delle ragazze da mutilazioni e matrimoni precoci, per la promozione dell'istruzione femminile, è stato quotidiano.
Il suo ruolo, cosi come quello di tanti altri operatori sanitari, è fondamentale prima di tutto per far passare il messaggio che un'alternativa è possibile. Esiste un'altra via che può, facilmente e con dolcezza, diventare parte di quella cultura antica che ancora oggi impregna tante popolazioni africane.
Ma con il passare del tempo mi sono reso conto di come, sempre di più, una delle chiavi di volta per sradicare questa pratica non sia tra le donne. Per superare un rito tanto arcaico quanto violento e dannoso, bisogna lavorare sugli uomini.
Basta leggere cosa dice Parsanka Saiyanka, un uomo masai che ha salvato sua moglie dalla mutilazione opponendosi al volere delle famiglie.
"Mi sono rifiutato di avere una compagna mutilata quando ho realizzato che quella ferita inferta nella carne delle donne è, nei fatti, una ferita e un danno per un'intera comunità. L'ho capito osservando la vita negli altri villaggi. Le bambine della mia comunità passavano il tempo sbrigando faccende domestiche o ciondolando in giro. Soprattutto, avevano subito la mutilazione genitale e si erano perciò sposate in tenera età. Quelle dei villaggi vicini andavano a scuola assieme ai loro compagni maschi ed eccellevano negli studi. Le famiglie avevano l'aria di essere ben più ricche e sane della mia, nonostante noi fossimo benestanti, perché mio padre possedeva molti capi di bestiame.
Ci ho messo del tempo per capire. Poi ho compreso: il segreto di questa ricchezza nascosta risiedeva nella gestione delle risorse, che nella mia comunità spettava agli uomini. Le altre comunità, invece, lasciavano che venissero controllate dalle donne.
È proprio vero. L'uomo sarà anche il capo della casa, ma la donna ne è il cuore. E se il cuore smette di battere, tutto il corpo si ferma."
Se una donna si ferma, se a causa delle mutilazioni è costretta ad abbandonare gli studi, a interrompere il suo percorso di crescita, questo è un danno enorme per lei, per la sua famiglia, per la sua comunità, per tutto il suo paese. L'Africa non può fare a meno di donne forti, sane, istruite. Per questo dobbiamo continuare a opporci a una simile pratica. Per questo abbiamo chiesto a Nice di tornare in Italia in questi giorni, per portare la sua testimonianza. Per questo, in Africa, Amref lavora ogni giorno con le donne e con gli uomini, per fermare le Fgm, per promuovere l'istruzione femminile.
Perché le tradizioni culturali di tutti i popoli sono importanti ma non dovrebbero mai infrangere la barriera dei diritti umani. Perché se il cuore smette di battere, tutto il corpo si ferma...
(L'Huffington Post)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook