Mosul in cambio di Aleppo?...




Notizia mangia notizia, e il cannibalismo informativo esalta la sua crudeltà di rimozione emotiva sulla strage di Aleppo e sul genocidio in corso nello Yemen. La conquista di Mosul, un ‘serial’ con altri e bassi che ci accompagnerà sino a Natale, mentre altre guerre vicine si avviano alla loro conclusione cruenta senza troppe fastidiose reazioni di opinione pubblica. Ad immaginare, ad esempio, uno scambio strategico tra Mosul e Aleppo, mercato inconfessabile tra Washington e Mosca.



«Muri di fuoco Isis a difesa di Mosul».
«Siria, fine della tregua ad Aleppo ‘feroci combattimenti’».
«Yemen, riprendono i raid aerei dei sauditi sulla capitale Sanaa».
Sottotitolo valido per tutte tre le notizie, ‘Massacro continua’.

Le temibili tregue
I titoli Ansa sulle crisi aperte oggi. In questi giorni tregue quasi contemporanee sui tre fronti, con alterne fortune. Ad Aleppo, la tregua proclamata dai russi e dalle forze di Bashar Al Assad, hanno consentito l’apertura di corridoi umanitari sotto il controllo delle milizie islamiste del Fronte Jabhat Al Nusra, ora ‘Jabhat Fateh Al Islam’, dove sono rimasti intrappolati 275.000 abitanti della città.
Decine di autobus in attesa presso i due varchi aperti, pronti ad accogliere sia i civili che i miliziani disposti ad arrendersi. Peccato che le forze ribelli si oppongono al passaggio dei civili verso le zone sicure perché se le aree sotto attacco vengono “svuotate dei civili, Mosca e Assad potrebbero completare la conquista della città”, in quattro e quattr’otto.
Obama pensa ad altro?
La diplomazia americana divenuta stranamente silenziosa sulla sorte della città siriana, mentre gli sforzi militari Usa sono polarizzati sull’offensiva su Mosul. Secondo il sito israeliano Debka File, generalmente ritenuto bene informato in quanto ‘vicino’ ai servizi segreti di Tel Aviv, “la retorica bellicosa di Washington sulla situazione della disgraziata città di Aleppo non esprime alcuna intenzione da parte dell’amministrazione Obama di intervenire”. «Obama ha la mente rivolta altrove».
Un quasi disimpegno americano di fatto dalla Siria per concentrare gli sforzi sull’Iraq e sulla liberazione di Mosul, aiutando tra l’altro la corsa elettorale di Hillary Clinton con un successo militare in Iraq e mettendo i bastoni tra le ruote della campagna di Donald Trump che insiste sull’inerzia dimostrata dalla Casa Bianca nella guerra al Califfato.
Mosul in cambio di Aleppo?
Mosul tutta da conquistare, e non sarà affatto facile, vedi cosa sta accadendo a Sirte, ‘liberata’ da mesi, ma con la guerriglia Isis in casa. E Aleppo dove, oltre al dramma umano dei civili usati dalle forze ribelli perdenti come scudi umani, come sta facendo Isis a Mosul, è battaglia militarmente persa.
A conferma dei sospetti legittimi su uno scambio inconfessabile, l’esibito dispiegamento di forze, la flotta russa del Baltico, compresa la portaerei Admiral Kuznetzov, di trasferirsi a tutta velocità nel Mediterraneo per prendere parte alle operazioni in Siria. Putin fa perché sa di poter fare.
E Mosul e Aleppo, città bersaglio, tappe chiave della lotta all’Isis, diventano parte della partita strategica tra Mosca e Washington e, peggio, carte da giocare nella campagna elettorale americana.
Ovviamente piangendo delle vittime civili, ogni parte a denunciare quelle attribuibili agli altri....

(RemoContro)

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