Milano, il pedofilo è un impiegato in pausa pranzo: «Mi seguiva, poi ha iniziato a toccarmi»...
Tre bambine molestate sulle scale di casa. Ecco come i carabinieri hanno incastrato l’aggressore
di Gianni Santucci
«No, no... non ti faccio niente». Il
pedofilo parla a voce bassa; la ragazzina, 12 anni, si divincola e fa qualche
passo indietro; lui le ha già messo le mani addosso, avanza, prova a toccarla
di nuovo. E ripete quella frase, nel silenzio dell’androne, davanti
all’ascensore. «Non ti faccio niente». Lei si sposta. L’uomo a quel punto si
guarda intorno, si gira, esce dal palazzo e scompare. Mancano pochi minuti alle
14; 7 aprile scorso. Un palazzo in zona Baggio; la ragazzina rientrava a casa
da scuola.
Le indagini dei carabinieri della stazione «San Cristoforo»
iniziano quella sera stessa, appena il padre e la figlia firmano la denuncia.
Mesi di un’inchiesta serrata, tenace, fatta di pazienza, ore passate davanti ai
filmati delle telecamere, incroci di celle telefoniche, analisi delle
testimonianze. Un lavoro chiuso sabato scorso con l’arresto di un impiegato, 50
anni, residente fuori Milano, un vecchio precedente per molestie del 1993.
L’ordinanza chiesta dal pm Luca Gaglio e firmata dal gip Luigi Gargiulo
contiene prove e riscontri su tre violenze. Potrebbero essere di più,
l’indagine non è finita.
Le denunce delle ragazzine raccontano
l’incubo di ogni famiglia con una figlia che torna da sola a casa da scuola.
«Ho suonato il citofono e sono entrata — ha spiegato la prima vittima — in quel
momento ho notato un uomo, mai visto prima, che è entrato con me, facendomi
insospettire». La percezione del pericolo è immediata. «Allora mi sono spostata
verso un ascensore di servizio, ma mi ha seguito anche lì. E senza dire una
parola, ha iniziato a toccarmi». È la violenza del 7 aprile.
I carabinieri raccolgono i filmati delle telecamere di tutto il
quartiere intorno allo stabile, cercano l’uomo brizzolato descritto dalla
giovane studentessa, ma in quel momento gli elementi sono pochissimi. Meno di 2
mesi dopo, però, alla stazione di «San Cristoforo» arriva un’altra denuncia.
Le descrizioni del molestatore sono sovrapponibili. Stavolta le
ragazzine che tornano da scuola sono due, due amiche. «Un uomo era vicino al portone,
teneva in mano un cellulare con una cover arancione, sembrava cercare un nome
sul citofono. Poi è entrato, e mentre la porta dell’ascensore si stava
chiudendo, l’ha riaperta e mi ha palpeggiata. Alla mia rezione si è
allontanato». Anche stavolta, siamo al 20 maggio, i carabinieri ripartono dalle
telecamere. Ore di filmati da scandagliare, fino a che uno dei militari ha
un’intuizione: nota uno scooter, in una strada poco distante dal palazzo della
violenza, che vede due ragazzine e fa un’inversione strana, immediata e
pericolosa. Da quelle immagini si estrae un parziale di targa, si risale a una
lista di proprietari di scooter compatibili, si analizzano molte storie
personali, fino a che emerge il precedente del ‘93: è la svolta. Da quel
momento i carabinieri hanno un sospetto, col profilo del pedofilo molestatore,
predatore di strada. L’analisi sui tabulati del suo telefono lo collocano nei
luoghi in cui sono avvenute le prime due violenze.
E si arriva così al 24 agosto, quando una bambina, 7 anni, viene
inseguita da un uomo mentre sale le scale nel suo palazzo alla Barona: ma la
mamma la aspetta sulla porta, la persona fugge. Il 6 settembre la bambina e sua
sorella rivedono quella faccia in giardino e corrono dal padre: «È lui, ho
paura». Il padre tenta di fermare il molestatore, che riesce a scappare, ma chi
lo rincorreva annota la targa dello scooter. È l’ultima conferma, che si
aggiunge ad altri particolari. La cover arancione del cellulare che ricorre. Le
bambine che, di fronte ai carabinieri, lo riconosco l’uomo in un album di volti
somiglianti.
A settembre l’inchiesta dei carabinieri si incrocia con quella
su Edgar Bianchi, pedofilo e molestatore genovese, poi arrestato dalla polizia
il 28 settembre. Tracce di predatori seriali che si sono incrociate in città:
agguati sempre negli androni dei palazzi, contro bambine o ragazzine che
tornavano da scuola. L’uomo arrestato sabato «sfruttava» la pausa pranzo per
seguire la sua ossessione sessuale deviata. Ai carabinieri ha ammesso le tre
violenze: «Si, sono io»...
(Corriere della Sera Cronaca)
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