Siria, cosa c'è dietro l'offensiva di Erdogan...




Con il sì di Bashar al Assad, dei russi e degli Stati Uniti fa fuori i curdi di Kobane. Ma i turchi vogliono anche basi in Iraq, nella capitale dell'Isis Mosul. Il piano.



di 

Il Siria e in Iraq è in atto una spartizione tra potenze che vede l'interesse economico prevalere sulle istanze ideologiche e democratiche.
Solo su questa logica è spiegabile l'offensiva Scudo Eufrate della Turchia nel territorio siriano, che sta ridisegnando i confini mediorientali e che per i metodi usati è stata condannata anche dagli Usa.
L'operazione era in preparazione da almeno due anni, ma 15 mila soldati di Ankara sono potuti entrare nelle terre di Bashar al Assad solo dopo la paxsiglata tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e l'omologo (ed ex nemico) russo Vladimir Putin: un passo che di riflesso ha fatto convergere verso il “sultano” anche l'Iran e, quel che più conta, il regime siriano.
PILASTRO DELLA NATO. La Turchia resta - nonostante il sospetto di un golpe ''fasullo'' - così cruciale a livello strategico e geopolitico che anche gli Stati Uniti e l'Unione europea, alleati nella Nato, appoggiano l'operazione in Siria di Erdogan, allo scopo dichiarato di liberare la cittadina di Jarablus, nel Nord della Siria, dall'Isis.
Usa, Ue, Turchia, Russia, Iran e Siria medesima, tutti amici: nonostante dal 2011 si sgancino ad Aleppo le bombe l'uno contro l'altro - e addosso ai civili, vittime della più grave crisi umanitaria dalla Seconda guerra mondiale.
SACRIFICATI I CURDI. Tutti amici tranne che dei curdi: la contropartita per tornare a far andare d'accordo tutte le potenze che con guerre per procura si contendono i territori in Medio Oriente è stata smettere di appoggiare i curdi di Kobane.
«Assad ha aperto il fuoco contro i curdo-siriani della Rojava, la Russia che li arma non ha reagito. Nel frattempo, Erdogan tenta di strumentalizzare le differenze tra i partiti curdi della Siria e dell'Iraq per dividerci tra fratelli», racconta a Lettera43.it l'esperto curdo-iracheno Shorsh Surme mentre gli Usa hanno negoziato un fragile cessate il fuoco tra curdi e turchi

Per quasi 20 anni Öcalan era stato ospitato in Siria

Abdullah Ocalan, storico leader del Partito curdo dei lavoratori (Pkk).
(© Ansa) Abdullah Ocalan, storico leader del Partito curdo dei lavoratori (Pkk).
Il gioco è stato tentato anche in passato e a volte è riuscito.
Con l'invito (accettato) di andare ad Ankara per un colloquio, il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno Masoud Barzani è in una posizione difficile.
Dopo averne discusso con i leader curdi in Turchia, l'emissario di Erbil ha chiesto ai luogotenenti di Erdogan la riapertura dei negoziati con il partito di Abdullah Öcalan Pkk, bombardato nel Kurdistan turco e nelle basi irachene al confine: Pkk che è anche casa madre delle brigate curdo-sirane Ypg della Rojava.
Per quasi 20 anni Öcalan, recluso dal 1999 nell'isola-prigione turca di Imrali, era stato ospitato da Assad padre in Siria.
ARMATI DA RUSSIA E USA. Ma con le rivolte arabe anche i curdi, pur divisi in una minoranza pro-ribelli e nella maggioranza socialista delle province autonome della Rojava, hanno imbracciato le armi per ritagliarsi un loro territorio.
Il regime di Damasco (alleato di Mosca e dell'Iran) li ha prima tollerati, poi appoggiati in chiave anti-ribelli e anti-Isis.
E per la lotta al Califfato, come i peshmerga curdi-iracheni, i combattenti Ypg sono stati moderatamente armati anche dagli Stati Uniti.
Ma nell'estate del 2016 Erdogan è volato a San Pietroburgo, poi ha mandato i suoi vertici dell'intelligence a Damasco ed è in partenza per Teheran.
ORA ASSAD STA CON... I RIBELLI. I giochi sembrano fatti: la difesa di Assad ha già attaccato i curdi e il vicepresidente degli Usa Joe Biden, atterrato in Turchia, ha avvisato le brigate Ypg che «oltre l'Eufrate non vi sarà più copertura aerea».
Paradossalmente, ora il regime siriano è passato dalla stessa parte dei ribelli contro i quali il Paese è stato quasi raso al suolo: «Un'altra assurdità della guerra in Siria che», continua l'analista, «è l'ennesimo specchio degli intrighi delle guerre in Medio Oriente».
Quanto all'Isis, che la Turchia è stata sospettata di spalleggiare insieme ad altri gruppi jihadisti come al Nusra, la loro resistenza ai turchi di Scudo Eufrate sembra - per le scarse e non indipendenti notizie che arrivano dall'area - essere stata minore che verso i curdi di Kobane.

La Turchia punta a occupare il Nord della Siria e Mosul, terre dell'Isis

La diga di Mosul.
La diga di Mosul.
L'area di Jarablus, e in generale tutta la regione a Ovest sopra Aleppo, era nelle mire turche dall'esplosione della Primavera araba, che ha rimesso in discussione i confini coloniali in Medio Oriente tracciati da inglesi e francesi con l'accordo di Sykes-Pikot (1916), alla caduta dell'Impero Ottomano.
In una via o nell'altra, Erdogan cercava di penetrare la zona dal 2011.
Il suo presidio militare piazzato adesso con il placet internazionale ha bloccato la costituzione di una fascia unica controllata dai curdi della Rojava da Efrin, a Nord Ovest di Aleppo, fino al cantone orientale di Cirize, attraverso Kobane: uno spettro, se realizzata, non solo per la Turchia confinante, ma per il regime di Assad.
Contenere la presa di forza dei curdi torna infine utile anche all'Iran, che nel suo Nord-Ovest evita volentieri il risorgere le istanze separatiste curde.
BLOCCARE UNO STATO CURDO. Amici e nemici vogliono scongiurare il profilarsi, all'orizzonte, di uno Stato curdo tra Iran, Iraq, Siria e Turchia: sarà davvero difficile, al di là del sasso lanciato da Barzani, far riprendere trattative vere di pace tra Ankara e il Pkk di Öcalan, che non si limitino al temporeggiamento tattico.
Il presidente del Kurdistan iracheno non può, d'altra parte, affrontare a muso duro i governi confinanti né l'autorità di Baghdad, vicina all'Iran: la sussistenza degli oltre 8 milioni di cittadini curdo-iracheni e la stabilità territoriale dipendono sia dagli stipendi pubblici versati a singhiozzo dall'amministrazione centrale, sia, soprattutto, dall'export di gas, petrolio e merci curde irachene verso la Turchia.
Anche gli interscambi commerciale tra Ankara e Mosca sono consistenti, come tra Ankara e Teheran.
ERDOGAN VUOLE ANCHE MOSUL. Per non parlare del ruolo cruciale della Turchia nella Nato e della paura (con il ricatto dei migranti e altre armi) che il sultano Erdogan comincia a fare all'Ue: quasi nessuno è pronto a inimicarselo davvero, solo i curdi-siriani di Kobane hanno dichiarato «guerra ad Ankara e ad Assad».
L'esca lanciata dal 'sultano' a Barzani punta anche, tra l'altro, a far penetrare un contingente turco a Mosul, la provincia irachena base del Califfato, dove i peshmerga combattono in prima linea: non è un segreto che, con gli Usa, in Iraq si stia preparando una controffensiva per la riconquista della metropoli. «I curdi hanno appena liberato 11 villaggi dall'Isis. Purtroppo, per la posizione che abbiamo non possiamo essere autonomi», conclude Surme, «ma un compromesso contro altri curdi non è possibile».
(Lettera43)

Commenti

AIUTIAMO I BAMBINI DELLA SCUOLA DI AL HIKMA

Post più popolari

facebook