Nei panni di quei genitori...








È una notizia sconvolgente, tanto che chiunque di noi è in età adulta e ha dei figli si è messo nei panni di quei genitori e ha provato a pensare come si sarebbe comportato al loro posto. Io sono stata sconvolta soprattutto dal "consenso del minore" che la legge belga prevede qualora sia in grado di fornirlo (minore vuol dire fino a dodici anni). Cosa gli hanno detto per strappargli quel terribile assenso? Io so solo che avrei detto a mio figlio di non accettare l'eutanasia, perché qualsiasi istante con lui sarebbe stato per me benedetto anche se lui era gravemente malato: mai avrei accettato di stargli accanto e di sentire anche solo il suo respiro qualche minuto di meno di quello che ci sarebbe stato concesso da Dio, dal destino, dalla natura... Perché togliere del tempo alla più preziosa delle relazioni umane? Perché considerare vita degna, relazione degna, solo quella fra persone sane, solo quella con i bimbi sani che giocano, mangiano gelati, fanno i capricci per dormire?
Da questo episodio emerge in radice una svalutazione fondamentale della relazione umana, quel legame che unisce costruendo sentimenti, pensieri, sofferenze, illuminazioni. Quel legame che fa di noi persone autentiche, capaci di compassione. Capaci di guardare non solo alla morte dei nostri cari, ma anche alla nostra morte. Senza relazioni umane degne di questo nome siamo infatti privi di spessore, esseri che si accontentano di piaceri effimeri e di misere soddisfazioni.
Davvero non riesco a immaginare come hanno potuto dei genitori dire al loro figlio che non ne potevano più di quella relazione, che volevano scioglierla. Invece di rassicurarlo con la loro presenza, facendogli sentire che lo amavano totalmente, anche in fin di vita. Povero piccolo, che oltre alla malattia ha dovuto sperimentare questo abbandono!
E proprio non convincono le giustificazioni che si basano su sofferenze insopportabili: oggi la medicina palliativa può agire sulla sofferenza, anche a costo della perdita di coscienza del paziente. Cosa sappiamo se veramente non è più cosciente, se veramente non sente e non capisce... Tante persone riemerse dal coma e dalla sedazione medica hanno raccontato che anche quando a noi sembravano assenti hanno sentito le parole dei presenti, hanno avuto pensieri e avvertito sensazioni.
Bisognava stare accanto al piccolo sino alla fine, aiutandolo con tutte le cure palliative possibili per lenire il suo dolore, bisognava fargli sentire che la sua vita aveva un senso anche così, che il legame con i genitori era vero e vivo anche se lui non correva e non giocava, anche se lui non era l'orgoglio dei genitori ma la causa della loro tremenda sofferenza. Che sicuramente è immensa. E che sarà ancora più forte dopo questa decisione. Perché, oltre le cure doverose, l'unico conforto per la sofferenza è dare e ricevere amore.
Come se si potesse eliminare la sofferenza dalla vita eliminando chi soffre, cioè eliminando i malati, come se si potesse vivere in un infinito spot pubblicitario...
(L'Huffington Post)

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