Anche in Germania la destra xenofoba...




Nel Meclemburgo la Cdu di Angela erkel viene superata dall’Afd di Frauke Petry: “Politica catastrofica sull’immigrazione”. La Cdu ai minimi storici (19%). Tengono i socialdemocratici ma perdono il 5%. Un anno fa esatto Angela Merkel decise di aprire le frontiere della Germania ai rifugiati rimasti bloccati in Ungheria. I neonazisti della Npd assorbiti dai neo-xenofobi escono dal parlamento.



Germania: era la notte tra il 4 e il 5 settembre 2015, un anno fa esatto quando Angela Merkel decise di aprire le frontiere ai rifugiati siriani disperati rimasti bloccati in Ungheria. Un anno dopo le politiche dell’accoglienza incassano il no di Meclemburgo-Pomerania, ex Germania est, zone che di migranti ne hanno accolto molto pochi. Che accade?
Accade che per la prima volta i cristiano-democratici vengono superati dai populisti di destra della AfD, che hanno fatto del no alle scelte di Merkel sui migranti un loro cavallo di battaglia proprio nel Land in cui la cancelliera ha il suo collegio per il Bundestag. E accade alla vigilia di mesi politicamente delicati per Merkel, che non ha ancora sciolto la riserva sulla sua candidatura a un quarto mandato alle politiche del prossimo anno.
La AfD, alla sua prima apparizione nella regione sul Baltico, centra secondo i risultati definitivi provvisori, il 20%, la Cdu perde il 4% e si ferma al 19%, uno dei peggiori risultati che abbia mai raggiunto in un’elezione regionale in Germania.
Primo partito si conferma la Spd del governatore uscente Erwin Sellering, che perde sì il 5%, ma raggiunge il 30,6%. I neonazisti della Npd il cui elettorato è stato assorbito dei neo-xenofobi, escono dall’ultimo parlamento regionale in cui ancora sedevano.
Il no all’«immigrazione di massa» e «all’islamizzazione», nel Land che ha accolto appena 22.000 rifugiati e in cui gli stranieri residenti rappresentano appena il 4% della popolazione. Non solo paura del migrante ma pessimo odore di razzismo..
L’affermazione dell’Afd, partito populista dell’estrema destra tedesca, ha un effetto su due fronti. .
Nell’autunno europeo potrebbero suonarne parecchi e l’Ue – temono a Bruxelles – rischia di trovarsi a un punto di non ritorno.
Il calendario è fitto. Le prossime date-chiave sono il 2 ottobre (referendum anti-migranti in Ungheria e presidenziali in Austria) e, tra novembre e dicembre, il referendum italiano.
Secondo round delle presidenziali austriache e un’affermazione di Norbert Hofer, che si gioca la rivincita dopo aver perso al ballottaggio contro l’ex verde Van der Bellen (voto contestato e poi annullato), metterebbe Vienna nelle mani di un Presidente che vuole «fermare l’invasione» dei migranti, ridurre l’assistenza minima garantita ai profughi e che considera l’Ue «un’unione di debiti e di responsabilità per conto terzi».

E poi c’è il referendum in Ungheria, dove il premier Viktor Orban sta facendo un’intensa campagna per dire «No» al progetto dell’Ue che prevede un’equa ripartizione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri. La bocciatura delle quote da parte di Budapest sarebbe l’ennesima bocciatura all’Europa in una consultazione popolare, come è successo nell’aprile scorso in Olanda (respinto l’accordo di associazione Ue-Ucraina) e a giugno con la Brexit.
Ma non solo. Tra un anno ci saranno le elezioni politiche a Berlino e non è certo che Merkel si ricandidi. E una sua uscita di scena, anticipata da un declino della sua popolarità, è destinata a smuovere anche gli equilibri in Europa...
(RemoContro)

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