Migranti, dal nord Africa ci si prepara a nuove partenze: l'Italia sarà il primo obiettivo...







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Da mesi l'Europa cerca di trovare una soluzione per far fronte all'afflusso delle centinaia di migliaia dimigranti provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa subsahariana, che cercano di entrare nei confini UE clandestinamente inseguendo la propria speranza.
Lo scorso anno 1,3 milioni di rifugiati hanno chiesto asilo nei paesi UE e secondo i dati diffusi da Frontex sono 108.000 gli africani che sono entrati in Europa illegalmente. L'Unione si è concentrata, e continua a farlo, in particolare sui migranti provenienti dal Medio Oriente e dall'Asia centrale, da paesi come la Siria e l'Iraq o dall'Afghanistan, tralasciando e sottovalutando il numero sempre crescente di migranti africani che cercano di raggiungere il nord del Mediterraneo.
Le ultime tragedie del mare, sulle quali le informazioni sono state più frammentarie e difficili da verificare del solito - e anche questo è un sintomo della visione molto limitata dell'opinione pubblica europea sui flussi migratori dall'Africa - ci hanno dimostrato che però il problema è tutt'ora esistente. Secondo uno dei sopravvissuti intervistato dal Der Spiegel 500 persone che erano a bordo della barca rovesciatasi il 16 aprile erano di nazionalità etiope, somala e sudanese: “E' così pericoloso... Dovete credere nel vostro Paese e restare dove siete” ha detto Abdul Kadir Mohamed Moalim al settimanale tedesco raccontando il suo viaggio.
La chiusura della rotta balcanica dei migranti, l'accordo miliardario con la Turchia per i respingimenti e il controllo delle frontiere e le tante diverse misure che ogni paese europeo sta decidendo in totale autonomia di adottare - tra mura vere o presunte e controlli transfrontalieri ripristinati - non frenerà mai il flusso di disperazione proveniente dalla guerra in Medio Oriente. E se le rotte terrestri da est si chiudono ciò non toglie se ne possano riaprire altre, come quelle dall'Egitto o dalla Libia: solo nel mese di marzo 2016 l'Italia ha registrato 9.676 nuovi arrivi via mare, quattro volte di più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, che si aggiungono ai 110.000 ospiti delle strutture di accoglienza italiane. Strutture che secondo gli operatori “traboccano” di migranti, al pari di quelle (illegali) dall'altro lato del Mediterraneo, in Libia, dove migliaia di persone vivono assiepate in attesa di essere gettate su un barcone dopo essere state seviziate e derubate. 
Con l'arrivo dei mesi estivi e il clima mite le acque del mare nostrum si fanno più tranquille e affrontare l'ultima parte del viaggio della speranza sembra a portata di mano di chiunque: ai trafficanti di uomini basta traghettare i gusci di legno carichi di disperazione appena oltre le acque territoriali libiche, per 12 miglia, e inviare una richiesta di soccorso. Da settembre 13.000 persone sono state portate in territorio europeo grazie a questa tattica dei trafficanti.
Una delle ipotesi, molto simile a quella di erogare miliardi di euro alla Turchia per tenersi i migranti siriani sul proprio territorio, è stata snocciolata di recente dal ministro degli esteri austriaco Sebastian Kurz, che in una riunione avrebbe offerto assistenza per la creazione di una guardia costiera libica. L'Austria non ha tuttavia nemmeno uno sbocco sul mare e forse il ministro Kurz non era al corrente che il primo ostacolo all'ingresso in acque territoriali libiche è proprio il governo libico, almeno fino a quando non autorizzerà le navi dell'Operazione Sophia e di Frontex a varcare le acque territoriali libiche.
Non è un passaggio da poco, implica molte conseguenze che vanno ben ponderate, ma certamente sarebbe l'unico modo legale per respingere i migranti sulle coste libiche senza violare alcuna norma marittima internazionale sul soccorso. L'alternativa, piuttosto irrealizzabile, sarebbe monitorare i 7.600 chilometri di costa italiani: se qualcuno ha idea di come farlo ha il dovere di farsi avanti o tacere per sempre.
Diversa questione riguarda invece quei migranti che non vedono riconoscersi lo status di rifugiato e che devono quindi andarsene: secondo l'”Analisi dei rischi 2016” di Frontex i migranti sono ben consapevoli della bassa probabilità di essere espulsi - anche se talvolta questo avviene - e ciò gioca tutto a loro vantaggio. Secondo l'UNHCR “nel mondo ci sono 60 milioni di sfollati”, un dato che non significa molto in termini pratici ma che rende bene la dimensione astratta del problema: se non si interviene localmente ma si agisce solo in senso protezionista il problema non si risolverà mai.
L'Italia insiste molto, giustamente, sulla cooperazione e la diplomazia internazionale, cercando di rodare una macchina piuttosto scalcagnata: grazie anche all'impegno italiano la Commissione europea ha stanziato 9,2 miliardi di euro, tra il 2015 e il 2016, per affrontare la crisi dei rifugiati ma secondo qualcuno “serve più denaro” e Roma ha proposto addirittura l'emissione di obbligazioni che permetterebbero ai paesi più colpiti dal fenomeno dell'accoglienza, Italia e Grecia, di fare cassa.
La chiusura delle rotte balcaniche e la geografica permeabilità delle coste italiane, congiuntamente al peggiorare della crisi libica, allo strapotere dei trafficanti lungo le coste e ai flussi continui dall'Africa subsahariana di migranti economici, profughi di guerre civili, profughi climatici e, è inutile negarlo, qualche giovane e incosciente avventuriero, non farà che rimettere il Mediterraneo al centro delle rotte per raggiungere l'Europa. E i respingimenti non saranno mai la soluzione, senza agire in loco. Senza eliminare alla radice le ragioni delle migrazioni: purtroppo, continuare a fare affari con dittatori del calibro di al-Sisi in Egitto o di Afeworki in Eritrea, e privilegiare commerci con la Nigeria di Buhari, produrrà sempre più migrazione.
Un fenomeno che in un continente da 1,2 miliardi di persone il cui tasso di nascita è quattro volte quello europeo significa solo una cosa: diaspora...
(International Business Times)

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