Darfur, la verità nascosta dello stupro di massa a Tabit...



Antonella Napoli
Giornalista e analista di questioni internazionali



Amina ha 11 anni, nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre era sola nella capanna di fango a Tabit, cittadina a 45 chilomentri dalla capitale del Nord Darfur, el-Fasher. Tre uomini sono entrati, l''hanno picchiata e violentata a sangue, a turno, più e più volte. Una guarnigione dell'esercito del Sudan, supportata da milizie filo-governative, era arrivata nel villaggio con i kalashnikov spianati. I militari hanno radunato e immobilizzato gli uomini e, minacciandoli di morte, gli hanno impedito di reagire e di proteggere le loro donne. In duecentodieci, tra cui 79 adolescenti e 8 bambine, sono state stuprate in poche ore. All'origine di tale inconcepibile violenza il presunto coinvolgimento di alcuni residenti nella scomparsa di un militare. Il brutale atto sessuale è stato usato come arma di guerra.
Il due novembre Italians for Darfur ha raccontato sul proprio blog quello che era avvenuto, in contemporanea ad altre organizzazioni per i diritti umani che hanno diffuso testimonianze sulla vicenda. Mentre in gran parte del mondo anglosassone i media hanno rilanciato la notizia, nel nostro paese è stata totalmente ignorata.
Venerdì 21 novembre Unamid, la missione Onu dispiegata in Darfur, ha annunciato che presto avvierà una nuova indagine, a distanza di una settimana dal report con cui affermava che non era possibile accertare l'accaduto. La realtà è che i testimoni avvicinati erano stati intimiditi dalle forze governative e nessuno ha avuto il coraggio di parlare. Dopo l'ondata di indignazione sui social media che da subito ha travolto la rete, il team di peacekeepers che aveva indagato sulle accuse rivolte ai militari sudanesi - concludendo che non ci fossero elementi per appurare le responsabilità dello stupro - tornerà presto nel villaggio per ascoltare le vittime dirette delle violenze. Le stesse che sono state intervistate da Radio Dabanga e che hanno raccontato i dettagli di ciò che è accaduto in quella terribile notte.
Per tenere alta l'attenzione sulla vicenda, venerdì 28 novembre, in tutto il mondo, i profughi sudanesi manifesteranno davanti ai parlamenti dei paesi in cui sono rifugiati insieme agli attivisti della coalizione di organizzazioni internazionali 'Sudan365', tra cui Italians for Darfur, Amnesty International e United to end genocide. Se il mondo punterà lo sguardo su Tabit forse questa volta sarà possibile raccogliere le testimonianze di ciò che li è avvenuto e che il governo continua a negare, nonostante il comandante della guarnigione abbia confermato che alcuni suoi uomini quegli stupri li hanno compiuti. Per impedire che episodi del genere possano essere ancora perpetrati impunemente è necessario sottrarre la regione del Sudan dal cono d'ombra in cui è precipitata da quando Khartoum, nel giorno in cui al presidente Omar Al Bashir venne notificato il mandato di arresto della Corte penale internazionale per i crimini in Darfur compiuti dalle milizie janjaweed tra il 2003 e il 2006, espulse le maggiori ong internazionali, sentinelle di quanto quotidianamente avveniva nella regione sudanese che in undici anni di conflitto ha superato le 300 mila vittime e conta oltre due milioni di sfollati.
(L'Uffington Post)

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