Come vive un jihadista dell’Isis...





“Ci hanno dato il miglior cibo, vestiti, armi. Abbiamo apprezzato l’amicizia e la fratellanza mostrata”. Sherko Omer, ex tecnico delle comunicazioni per l’Isis, ha sintetizzato così il primo colloquio per il reclutamento dei jihadisti nei campi della Siria. L’intervista esclusiva al sitoYourmiddleeast.com racconta uno spaccato della vita sotto il comando delle milizie islamiste, con la descrizione agghiacciante delle decapitazioni in piazza.
L’uomo, di etnia curda, comincia spiegando la vicenda personale e sottolineando che il suo intento era quello di arruolarsi per combattere il regime di Bashar Assad.
Così sono stati avviati contatti con alcuni leader ribelli. Sherko Omer credeva di aver trattato con i comandanti dell’Esercito Libero Siriano (qui un articolo per orientarsi nella situazione in Siria). Solo successivamente ha compreso di essere in un campo dell’Isis, dove comunque l’accoglienza è stata eccellente.
Ecco un passaggio dell’intervista (qui il link alla versione integrale in inglese).
Ci hanno detto che tutte le donne non musulmane prese come prigioniere sarebbero potute essere nostre mogli, perché Allah lo vuole.
Nella guerra santa islamica non si possono uccidere in nessun caso i bambini e le donne nemiche. È lecito però avere rapporti sessuali con le donne prigioniere anche se i jihadisti sono sposati. Inoltre, ci sono donne musulmane che offrono volontariamente il loro corpo per i jihadisti, questa è chiamato “Sex per la Jihad“, e anche loro saranno compensati in cielo secondo lo Stato islamico.
Sherko Omer è entrato poi nei dettagli di quello che ha visto a Raqqa, in Siria, città indicata come capitale del Califfato (e sottoposta ai bombardamenti della coalizione formata dagli Stati Uniti). La storia, davvero raccapricciante, è quella di una decapitazione in pubblico.
Il giovane prigioniero aveva grosso modo la mia età. Ha sputato contro ogni jihadista intorno a lui. Ha gridato slogan sulla libertà curda e ha inneggiato ad Abdullah Ocalan. Non avevo mai visto un gesto tanto coraggioso in vita mia. Le sue dita sono state tagliate, ma lui ha ancora gridato insulti contro i jihadisti. Infine è stato decapitato da dietro e per farlo soffrire gli è stato messo del sale sulle ferite provocandoli una morte in agonia. Anche i bambini erano presenti all’esecuzione pubblica.
Sherko Omer è stato liberato quando il battaglione, che seguiva come tecnico, è stato sterminato in uno scontro con i peshmerga curdi. Ma la liberazione fisica non lo ha aiutato a superare i ricordi scioccanti di quanto ha visto a Raqqa.
(Il Journal)

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