Sud Sudan, 100 morti nelle violenze Scontri per una razzia di bestiame nel conflitto a fuoco con l'esercito....





Una razzia armata per il bestiame e il successivo scontro con le forze dell'ordine hanno provocato oltre 100 morti sabato 19 aprile in Sud Sudan, due giorni dopo un massacro di civili all'interno di un complesso dell'Onu in quella che, secondo l'Onu, è stata la settimana più nera del travagliato Paese più giovane della Terra, attraversato da una guerra civile che imperversa da quattro mesi.
«Abbiamo perso 28 civili» in un accampamento di razziatori di bestiame nello stato di Warrap, e dopo che polizia e soldati li ha affrontati, ci sono stati altri 85 morti, riferiscono fonti ufficiali locali.
DECENNI DI VIOLENZE. Gli scontri, anche armati, fra comunità e gruppi etnici rivali per il bestiame sono comuni in Sud Sudan, dove le armi circolano in grande abbondanza dopo decenni di sanguinosi conflitti.
Alla fine del 2011 oltre 600 persone sono state massacrate nello stato di Jonglei in un attacco armato di circa 6 mila giovani di etnia Lou Ner contro il gruppo etnico rivale dei Murle.
Solo due giorni fa non meglio precisati «uomini armati» a Bor, nello stato di Jonglei, avevano attaccato un base delle Nazioni unite che dava rifugio a circa 5 mila sfollati, con un bilancio provvisorio di almeno 58 morti e oltre 100 feriti. Un attacco condannato dal Consiglio di sicurezza dell'Onu come «crimine di guerra».
GUERRA PER IL PETROLIO. Una strisciante ma sanguinosa guerra tribale e sociale che si sovrappone alla guerra civile nella giovane (indipendente ufficialmente dal 9 luglio 2011) nazione poverissima e travagliata di 11,5 milioni di abitanti, che da quattro mesi, seguendo linee di demarcazione etnica, oppone una fazione facente capo al presidente sudsudanese, Salva Kiir, di etnia Muer, e una 'ribelle' che fa riferimento al deposto vicepresidente Riek Mashar, di etnia Dinka.
Una guerra la cui posta in gioco sembrano essere le aree del Nord che producono il petrolio, i cui proventi incerti costituiscono il 95% del bilancio sudsudanese.
SETTIMANA PIÙ NERA. L'esercito regolare, che combatte per Kiir, ha annunciato di aver «perso i contatti» con le sue truppe nello stato petrolifero di Unity, dove martedì 15 aprile i ribelli (cioè la parte dell'esercito che fa capo a Mashar) hanno preso il controllo del capoluogo Bentiu, città strategica da cui si accede ai pozzi di greggio.
«Abbiamo un problema, abbiamo perso i contatti...i telefoni non sono raggiungibili», ha detto il portavoce dell'esercito, Malaak Ayuen. L'esercito governativo ha riconosciuto la perdita di Bentiu e i ribelli hanno affermato che le truppe governative sono «allo sbando» e i caschi blu dell'Onu hanno riportato di decine di cadaveri abbandonati ai lati delle strade.
Il capo delle operazioni umanitarie dell'Onu nel Sud Sudan, Toby Lanzer, nell'elogiare i caschi blu che a Bor hanno evitato un massacro ancora più drammatico, ha giudicato questi giorni come «la settimana più nera della storia del Sud Sudan».
Sabato, 19 Aprile 2014
(Lettera 43)

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