Il conflitto in Siria a Tfail, la storia del villaggio libanese isolato dal mondo da 4 mesi...



Il villaggio libanese di Tfail, sul confine con la Siria (foto Panoramio)
Hanno finito il cibo e i soldi a forza di ospitarli tutti e non respingerne nessuno. Ne erano duemila. Ne sono diventati novemila. Ché quei settemila di «troppo» sono tutti profughi fuggiti dalla follia. Hanno finito scorte e farmaci a forza di aiutarli e curarli tutti. Con la speranza – che ormai da quelle parti è diventato un miraggio – di vedere la fine un giorno.
Così, per quattro lunghi, lunghissimi mesi. Poi è arrivato il momento di fare i conti con la realtà. E con una guerra civile che è al di là del confine, ma che ha finito con l’isolare Tfail, questo paesino immerso nella Valle della Bekaa, ma circondato dal territorio siriano. Così qualcuno ha lanciato il grido d’aiuto. Disperato. Rivolto al mondo attraverso il web perché Beirut potesse sentire. E agire.
Alcuni profughi siriani fuggiti da Rankous e arrivati da poco nel villaggio libanese di Tfail (foto di Hussein Malla / Ap)
Alcuni profughi siriani fuggiti da Rankous e arrivati da poco nel villaggio libanese di Tfail (foto di Hussein Malla / Ap)
«Non abbiamo più nulla, sta finendo anche il cibo», hanno detto disperati gli abitanti. «Stiamo aiutando tutti i profughi siriani, ma siamo isolati da settimane dal resto del Libano: non arrivano più cibo, medicinali, scorte». Nel non detto del conflitto che si sta combattendo da mesi ci sono realtà come Tfail. Ufficialmente il villaggio è sul fronte libanese. Ufficiosamente è un luogo di battaglia «preso in consegna» dalle truppe di Bashar al-Assad. E allora Beirut – che ha deciso da mesi di non ficcare il naso nelle cose di Damasco – ha chiuso un occhio e isolato il paesino. «Troppo pericoloso andarci, nemmeno l’esercito riesce a mettere piede», è stata la spiegazione ufficiale.
Chiuse le strade. Interrotti i rifornimenti energetici. Da ultimo avamposto prima della strada verso la Siria, Tfail è diventato un luogo fantasma. Che, dopo settimane, ha finito tutto. L’appello, di pochi giorni fa, è stato rilanciato in Rete. È arrivato negli Stati Uniti. E solo a quel punto a Beirut si sono attivati.
Una parte del convoglio che ha portato cibo, medicinali e carburanti al paesino libanese isolato da quattro mesi (foto di Hussein Malla / Ap)
Una parte del convoglio che ha portato cibo, medicinali e carburanti al paesino libanese isolato da quattro mesi (foto di Hussein Malla / Ap)
Ieri hanno mandato alcune auto della Croce Rossa – scortate da decine di mezzi dell’esercito libanese – che hanno portato diecimila razioni di cibo, alcuni farmaci e seimila libri di carburante. E che, al ritorno, si sono caricate undici feriti (dieci siriani e un locale) per curarli negli ospedali più vicini.
«Non c’è nessuna presenza militare, tantomeno siriana, a Tfail», ha smentito il generale libanese Mohammed Kheir. «Una volta consegnato il materiale la popolazione s’è messa d’accordo sul fatto che bisognava distribuirlo». Cibo e medicinali per quanto? «Quaranta giorni», ha detto Kheir all’agenzia stampa di Stato. E ha anche annunciato che un uomo, un tal Fawzi Hussein Dekko, è stato arrestato.
Centinaia di persone - tra residenti libanesi e profughi siriani - attorno al convoglio per ricevere lo stretto necessario (foto di Hussein Malla / Ap)
Centinaia di persone – tra residenti libanesi e profughi siriani – attorno al convoglio per ricevere lo stretto necessario (foto di Hussein Malla / Ap)
Tra un mese e dieci giorni, insomma, nel villaggio saranno punto e a capo. A meno che l’autorità centrale libanese non decida di dare il via al suo piano di evacuazione generale. «Il progetto è pronto, prevede il trasferimento dei duemila abitanti di Tfail in zone più sicure e attraverso corridoi sorvegliati dal nostro esercito», ha detto Nohad Mashnouq, ministro dell’Interno di Beirut. Il tutto con l’aiuto di Hezbollah (grandi alleati di Assad). In tutto questo dichiarare a mezzo stampa è rimasta senza risposta la domanda sulla sorte dei profughi siriani. Nessuno ha risposto. Nessuno ha voluto rispondere.
© Leonard Berber
(BoccheScucite)

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